giovedì 27 febbraio 2014

LA MIA MALEDIZIONE di ALESSANDRO DE ROMA


Questo sera mi sono recato in una libreria di Alghero per la presentazione dell'ultimo romanzo di Alessandro De Roma e ho scoperto che ero in anticipo solo di un mese esatto sulla data effettiva. Se volevo una prova sul mio esaurimento ora l'ho avuta!
Benissimo: quindi la mia corsa per finire il libro entro le 18 non è servita a niente. O forse no, forse è servita lo stesso a qualcosa; mi sono tuffato tra le pagine e mi sono arrampicato tra i rami degli alberi, nonostante il peso degli anni, la stanchezza, le disillusioni. 
Novello Tarzan ho rivissuto la mia giovinezza, i suoi ardori e i suoi silenzi, e ho cercato nei ricordi molti fantasmi del mio passato. 
Finito il libro, chiusa la pagina, ho provato una pena indicibile, una sottile angoscia che mi ha lasciato inquieto e pensieroso sul bordo delle cose che non ho mai avuto il coraggio di fare davvero mie.
Sì, perché la storia di De Roma parla di solitudine, di crudeltà, di vendetta e di redenzione. Racconta un'amicizia impossibile e la tagliuzza con precisione, svelandoci tutto il nero che può corrompere le nostre stupide azioni. 
Una telefonata mai fatta. Una mano mai davvero accolta. Un corpo rifiutato per noia e supponenza. Quante volte carnefici e quante volte vittime?
Leggendo "LA MIA MALEDIZIONE" ho pensato più di una volta a un altro romanzo che ho amato molto in gioventù: "I turbamenti del giovane Torless" di Robert Musil, e in Pasquale Cosseddu, chiamato da tutti "La fogna", ho riconosciuto la dolce sottomissione di Basini, umiliato e abusato nel ventre della stanza rossa. 
De Roma racconta la storia monocromatica di Emilio Corona, un personaggio negativo che non fa nulla per farsi amare e, nonostante questo, riesce a farci sentire parte del suo gioco al massacro. 
Quanto di noi c'è in lui? 
Quanti di noi sono capaci di scendere così in basso senza provare particolari rimorsi? 
In questo romanzo c'è una Sardegna diversa da quella che ti aspetti... c'è una luce, uno sguardo, una mano capace di accarezzare e distruggere. E tutto questo lo fa con tocco lieve e preciso. Un bisturi che taglia e seziona. Viscere esposte. Puzza e indifferenza. 
So bene di non raccontare nulla di tutto quello che c'è dentro le 160 pagine di questo romanzo meraviglioso: ma se cercate una trama particolareggiata, un motivo per comprarlo e farlo vostro, allora entrate nella rete e troverete sicuramente la vostra fonte feconda.

"Ed era davvero un peccato che noi uomini non fossimo in tutto e per tutto come gli alberi, nudi e chiari fin nelle radici..."

mercoledì 26 febbraio 2014

COSA FARÒ DA GRANDE?


In questo ultimo anno, esattamente da quando è stato pubblicato il mio primo romanzo, mi sono sentito chiedere diverse volte, da amici, conoscenti o lettori, se nella mia vita è cambiato qualcosa. 

Questa domanda nasconde diverse sotto-domande del tipo: ora ti senti uno scrittore?; ora guadagni molto?; quando pubblicherai il prossimo libro?
E io ho sempre risposto: no; per nulla; non si sa.
E davanti all'incertezza e ai dubbi restano sempre un po' delusi, quasi traditi dalla tua prudenza eccessiva.

Scrivo da anni, lo faccio per passione, per nevrosi, per fare qualcosa di bello, per coccolarmi, perché mi piace viaggiare con la mente, perché un solo amico invisibile non mi è mai bastato, per solitudine, per rabbia, per scommessa, perché è sempre meglio che drogarsi con pasticche e polverine, perché la bottiglia non mi aiutava più, perché sono stato un bravo bambino e un pessimo studente, perché mio padre diceva che scrivere non porta bene e fa perdere tempo, perché il sesso dura molto meno, perché mi hanno rovinato i Duran Duran e Candy Candy, perché scrive anche Iva Zanicchi ma si può aspirare a Philip Roth, perché la maestra ha creduto in me e mi ha invogliato a continuare, perché la prima ragazzina mi ha spezzato il cuore e io non ho più accettato cerotti e bende da nessuno per ricomporlo, perché amo sudare, perché adoro il profumo della carta, perché i NO mi fanno bene, perché la mia linea del destino è lunga e tormentata...

Scrivo per tutte questo cose e molte altre... vere e false, uniche e opposte... e soprattutto scrivo per tenermi compagnia.
Le storie sono un'ottima balia: non rompono, non russano, non chiedono giorni di permesso, ti svuotano il vasino senza protestare e ti lasciano in pace quando hai le palle che girano così veloci da fare vento ai pensieri più neri.
Ecco perché la pubblicazione è un caso fortuito, un incidente di percorso, un incontro di sensi che potrebbe non ripetersi mai più.
No; per nulla; non si sa.
L'equazione è semplice.

Le sirene sono tante... le bugie e i sorrisi falsi pure... prendi la tua piccola dose di veleno e impara a renderti immune.
Si scrive perché non si può fare altrimenti.
Tutto il resto è un inciampo occasionale.

venerdì 21 febbraio 2014

UN GIORNO QUALUNQUE SU QUESTA TERRA


Oggi, attraversando il piccolo parco al centro della mia città, ho visto due donne piangere.
Se ne stavano sedute in una panchina: capelli biondi - corti sulla nuca e cotonati nella parte alta -, jeans, maglione, giubbotto impermeabile e una busta di plastica vicino alle gambe. 
Parlavano al cellulare con qualcuno in una lingua che ho sentito tante volte passando lungo questi viottoli. 

Oggi, giovedì, è il loro giorno di riposo. 
Si riuniscono sempre qui. Parlano, ridono, si raccontano mille cose e mangiano insieme in allegria e complicità. 
Sedute sulle panchine o sul prato con un telo aperto sull'erba. 
Sempre, ogni settimana, di giovedì. 
Gli altri giorni le vedo ancora qui; portano a spasso vecchietti, malati o spingono delle carrozzine. Pazienti, silenziose, materne. 
Mi colpiscono con i loro volti tondi e rubicondi.
Con i loro occhi chiari che mi fanno pensare a cieli lontanissimi. 
Con le loro mani ruvide e screpolate.

Oggi, giovedì, due di loro piangevano come bambine spaventate pensando alle loro case, ai loro affetti, alla loro terra.
Oggi. 
Un giovedì qualunque sputato su questa Terra.

lunedì 17 febbraio 2014

LA STELLA DI PIETRA di MARCO BUTICCHI


Il mio incontro con lo scrittore Marco Buticchi è stato intenso e particolare.
Quando ho ricevuto la telefonata di Elia e, con voce sorniona, mi ha chiesto se mi andava di presentare l'ultimo libro di Buticchi, sono stato vittima di un attimo di sano terrore. 
Conoscevo l'autore ovviamente, ma della sua opera non avevo letto una sola riga. 
Elia mi dice, passa a prendere il libro, lo leggi e poi decidi. E così ho fatto: ho preso il libro, sono tornato a casa, mi sono seduto e ho iniziato a leggere. Già a pagina 30 la trappola era scattata e io, come un bel topolino grassoccio che ambisce al pezzo di formaggio, potevo solo arrendermi alla magia della storia. 
Richiamo Elia e accetto la sfida. Perché per me è stata subito una sfida: fare la prima presentazione da "presentatore" (mi sento molto Baudo e la Clerici in questo momento!) con un autore che non conosco e con un genere che non è tra i miei preferiti, beh... caspita, se non è una sfida questa, forse lo può essere solo una lotta a mani nude contro tre Samurai armati fino ai denti!
Ho letto il romanzo e ho preso appunti, ho fatto ricerche su internet per scoprire ancora più cose su tanti argomenti che venivano toccati nella storia e, così facendo, l'immersione nel mondo di Michelangelo Buonarroti è stata ancora più ricca e profonda; così come è stata avvolgente e angosciante la lettura della parte ambientata nella seconda metà degli anni '80. E quindi le Brigate Rosse, il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, l'omicidio del professore Ezio Tarantelli a La Sapienza di Roma, il lodo Moro, i dubbi, i misteri, le connivenze con i servizi segreti, deviati o meno... quante cose ancora non conosciamo di quella brutta storia? Quante zone d'ombra continuano a nascondere la luce e la verità? 

Marco Buticchi racconta e immagina una storia, lo fa basandosi su documenti reali, storici (che inserisce alla fine del volume) ma come ogni bravo romanziere - o scrittore di romanzi d'avventura - imbastisce una sua idea, una sua teoria che parte dalle statue e i dipinti di Michelangelo, per arrivare al cuore nero di un Italia ferita, dolorante e in stato d'assedio. 
Non vi racconto nulla della trama. Rivelerei cose che si devono scoprire solo leggendo il libro. Posso solo dire che ho amato in modo particolare la parte dedicata al Rinascimento e alle gesta di un genio eccelso come Michelangelo. La parte "moderna", invece, ha risvegliato in me ricordi e sensazioni che avevo rimosso. Quando Moro fu rapito avevo 10 anni, e quella mattina appendevo il mio cappotto negli attaccapanni lungo il corridoio della mia scuola elementare di San Giuseppe. 
Mi ricordo la maestra che arrivò con le lacrime agli occhi e parlando con una collega disse: "Hanno rapito Moro, mio Dio!". Io sapevo chi era Moro, sapevo che era un uomo importante e che governava l'Italia. Lo vedevo alla TV, a volte, durante la cena, mentre i miei guardavano il tg. Quel giorno mi sembrò quasi, guardando la paura e il dolore negli occhi della mia maestra - sempre composta, elegante e sorridente - che dei diavoli rossi avessero osato rapire Padre Pio: un'ipotesi impossibile da immaginare o da pensare. Un'ipotesi assurda.

L'incontro in libreria è andato bene. Non mi sono bloccato davanti alla gente e sono riuscito a portare avanti la presentazione senza problemi, anche grazie a un autore con una grande capacità di raccontare storie e aneddoti. 
Il pubblico ascoltava con interesse e non ho mai avuto la sensazione che quell'attenzione calasse o si perdesse.
L'indomani, sempre con lo staff della libreria Cyrano, abbiamo incontrato i detenuti del carcere di Alghero.
Anche questa esperienza è stata molto forte e ricca di belle sfumature. Marco Buticchi, particolarmente sensibile e vicino alle problematiche del carcere, ha parlato di scrittura, di fantasia e di storia... e i detenuti hanno ascoltato, hanno fatto domande, tutti curiosi e vogliosi di capire qualcosa di più. In una biblioteca con 6 mila volumi, un palco e uno schermo per proiettare i film... e loro, i loro volti, i loro sorrisi, la loro voglia di entrare in contatto con il mondo di fuori. Tutto molto forte e intenso. Alla fine dell'incontro, tutti, nessuno escluso, si sono avvicinati e ci hanno stretto la mano sorridendo. Molti giovani... mi ricordo due volti in particolare. Un ragazzo rumeno che si sta per laureare in Economia e ha posto diverse domande allo scrittore - ci è scappata quasi una promessa di assunzione nello stabilimento balneare di Buticchi - , e un ragazzo con dei profondi occhi scuri che ha taciuto per tutta la presentazione, ma si è avvicinato alla fine dell'incontro per salutarci e dirci: "Grazie di essere venuti!" 
Ci siamo sfiorati soltanto per un'ora con tutte quelle facce e quelle storie... ma per il sottoscritto - e non solo -  è stata un'ora unica, speciale.

Grazie a Elia che mi ha voluto sfidare.
Grazie a Marco Buticchi che mi ha regalato il piacere e la gioia di conoscerlo e presentarlo.
Grazie a chi è venuto ad ascoltarci.
Grazie ai ragazzi del carcere di Alghero e la direttrice.
Grazie al sole che ci ha baciato in fronte.

domenica 9 febbraio 2014

ARRESO


E tu
sei lontano
dietro la curva 
quella che nasconde il mare
La mano aperta
per guardare in controluce il sangue che scorre
le vene sottili
questi viottoli misteriosi
intasati di ricordi e riflessi
Sei qui
nel gioco pericoloso
dei saggi bilanciamenti
Un passo avanti
e un passo indietro
Traguardi
lavoro
salute
amore
sesso
delusioni
progetti
sudore
ansia
colore
E tu
che ritorni quando meno ti aspetto
Un sorriso
due gambe veloci
odore di bruciato
vino bianco 
dimenticato
madre fotocopia
condensa di pensieri
 una Panda scassata
antifurto
pietre lucenti di un'isola incantata
Mi hai chiesto
di esserti fratello
e io 
io mi sono arreso
al richiamo delle stelle
Tutte unite
lassù
per cantare te

lunedì 3 febbraio 2014

DOVE SONO?


Dai racconti di mia zia Graziella, ho scoperto che quando ero piccolo, immagino intorno ai 3-4 anni, e andavo a trovare mia nonna Vittoria, avevo la curiosa abitudine di nascondermi dentro l'armadio nella grande camera da letto dove dormiva la nonna. Lasciavo l'anta aperta e chiedevo a tutti di cercarmi. 
Ovviamente tutti sapevano dove mi infilavo per sparire agli occhi del mondo, ma, tutte le volte, trattenendo le risate, fingevano di cercarmi ovunque, per trovarmi, poi, solo alla fine di una estenuante ricerca; ed io, immancabilmente, gridavo per la gioia, mai sazio di quel gioco senza limiti di tempo, sempre capace di sorprendermi e riportarmi sul luogo del misfatto ancora una volta. 

I bambini piccoli sono così. Chiudono gli occhi e sono sicuri di sparire. 
Nascondono la testa e, patapum, anche il corpo diventa invisibile.
Queste foto raccontano la fantasia, l'ingenuità e la meravigliosa follia dei bambini.

E voi, da piccoli, quale oggetto, angolo o nascondiglio avete trasformato nella vostra personale macchina del tempo?