giovedì 25 dicembre 2014

LA LETTERINA DI NATALE


Questo Natale la letterina è arrivata a me.
Quando succede resto sempre immobile e incredulo davanti alla cassetta della posta: abituati come siamo alle email, quando qualcuno ci scrive una cartolina o una lettera, ci sorprendiamo per un gesto che solo pochi anni fa era la norma assoluta. 
Quante lettere ho scritto, se ci penso... chilometri e chilometri di parole per raggiungere amici lontani. Attese infinite per leggere la risposta. Ora invece è tutto rapido e leggermente più freddo di allora. Ma sono i tempi che avanzano e dobbiamo adeguarci. Come gli auguri con il cellulare o su whatsapp. Velocità ed efficienza... riduzione dei tempi morti e delle attese. Chi ci rimette è il desiderio. Si desidera molto meno perché si ottiene tutto molto più velocemente e comodamente. 

Ma bando alle ciance nostalgiche... parlavo della letterina che mi è arrivata per Natale. Mi ha scritto Daniele, un detenuto del carcere di massima sicurezza di Nuchis. Un alunno del corso di scrittura creativa. Anzi, un ex-alunno. Ormai è da un po' che non frequenta. Io gli avevo scritto una lettera nel mese di maggio e lui, con calma, mi ha risposto a dicembre (vedi alla voce "attesa" e "desiderio"),
La letterina l'ho trovata lunedì mattina, mentre uscivo di casa per recarmi proprio in carcere per la lezione settimanale. Inutile dirvi che mi sono emozionato e ho letto quelle parole seduto in macchina... confuso e felice (alla Consoli!).
Da quando sono rientrato nel progetto, dopo la pausa estiva per i miei impegni con il ristorante, non ci siamo ancora incontrati. I primi giorni ho chiesto notizie al suo compagno di cella e sono venuto a sapere con grande dispiacere che non stava passando un bel momento. La letterina mi ha confermato la notizia. 
Daniele ha perso la madre durante l'estate, anzi, "l'adorata madre", come scrive lui con la sua grafia pulita e ordinata, e non riesce ancora a superare il dispiacere per non essere stato presente al suo funerale per l'ultimo saluto (permesso negato). 
Mi ha confidato che sta cercando di reagire per il bene di sua moglie e dei suoi 4 figli. Leggo e mi emoziono. Usa parole desuete per testimoniarmi il suo affetto e io non posso fare a meno di chiedermi com'è strana la vita. Quanti pianeti lontani dal tuo piccolo mondo ti fa incontrare. Scie luminose che alterano la percezione della realtà. Tocchi di magia... a volte amari... a volte dolcissimi.

Ho fatto il viaggio verso il carcere sperando di vederlo. Volevo ringraziarlo, incoraggiarlo, semplicemente abbracciarlo.
Quando siamo arrivati con il collega davanti al cancello abbiamo scoperto che quel giorno il carcere era tutto in tumulto per la visita del vescovo di Tempio e per l'inaugurazione della ludoteca. Uno spazio creato e voluto per accogliere i figli dei detenuti durante gli orari dei colloqui. Siamo entrati con altri educatori per capire come sarebbe andato quel pomeriggio e abbiamo incontrato due alunni del nostro corso che studiavano nelle aule scolastiche - uno di questi era il compagno di cella di Daniele a cui ho chiesto subito notizie, avvisandolo di aver ricevuto la lettera - e dopo qualche minuto ci siamo spostati in una zona interdetta ai carcerati per motivi di sicurezza per assistere all'inaugurazione della nuova ala, tutta dipinta da una squadra di detenuti, chiamati dagli altri "Quelli della Disney", con appunto tutti i personaggi di Walt Disney e qualche concessione ai Simpson e ad altri cartoon famosi. 
Una lunga fila di pareti coloratissime con tanti personaggi fantastici - c'era pure Peppa Pig - che non possono non incantare i più piccoli. E poi giochi, palloni, piccoli banchi scolastici tutti rossi, tappetini musicali, strumenti vari... davvero un piccolo parco dei divertimenti. Il vescovo ha benedetto quel piccolo paradiso colorato in mezzo al cemento e al filo spinato e tutte le autorità hanno speso belle parole per un progetto che vuole includere e non escludere. Avvicinare e non allontanare.

Io e il collega ci siamo risparmiati la messa dopo l'inaugurazione e siamo invece tornati nelle aule per parlare con gli alunni che preferivano fare lezione. Qui ho finalmente incontrato Daniele dopo tanti mesi. Era lì per prendere il compagno di cella costretto su una sedia a rotelle e accompagnarlo alla messa. Ci siamo abbracciati e ci siamo detti due o tre cosette prima di salutarci. L'ho trovato bene, con una bella barba soffice e due occhi meno tristi e rassegnati. Mi ha detto di essere diventato nonno. 
"Dio mio! A 44 anni? Vi date da fare dalle vostre parti!", ho detto io.
Lui ha riso e mi ha chiesto di scrivergli ancora. 
"Scrivimi delle poesie".
"Ma io non scrivo poesie... non ci sono buono."
"No, tu sei bravo". 
Ho sorriso... e gli ho promesso che scriverò sicuramente... anche se non so bene cosa.
Ci siamo abbracciati ancora. Mi ha fatto gli auguri accarezzandomi la pancia per sentire se nel frattempo avevo messo su un po' di ciccia... lui che si cura molto allenandosi in palestra per mantenere in salute il corpo, con me perde sempre. 
Mi ha sorriso e mi ha detto di non esagerare troppo con i bagordi natalizi. 
E certo... come no!

Il mio Natale è tutto qui.
Nella letterina di Daniele.
Poche parole per farmi capire che la vita è bella anche quando ti fa dannare e sputare sangue.

Auguri, amico mio.

lunedì 22 dicembre 2014

ALIENI INVADONO ISTANGRAM


Quante volte guardando le foto dei vostri contatti Istangram avete pensato: "Ma che bella foto!"... oppure: "Che foto strana... o brutta... o assurda". E quante volte avete desiderato intervenire su quello scatto con la vostra creatività rendendola più ironica, giocosa, importante o significativa?
Be', qualcuno lo ha fatto veramente e questo qualcuno è Lucas Levitan, un fumettista e illustratore brasiliano, che con il suo talento ha invaso le foto dei suoi amici reali e virtuali regalando un nuovo senso agli scenari, i paesaggi, le situazioni e i personaggi ritratti negli scatti scelti dal suo estro creativo. 
12 mila contatti che pubblicano una marea di immagini che Lucas ha voluto manipolare dopo aver rischiato di morire per uno stupido incidente stradale: un mattone caduto dal quarto piano di un'impalcatura che lo ha mancato di pochi millimetri. 
Fino a quel momento si limitava a lavorare a Londra come designer pubblicitario, tenendo nascosti i suoi disegni, quasi timoroso di mostrare al mondo quel suo "lato creativo". Dopo l'incidente inizia a convincersi che deve assolutamente mettere in luce le cose che amava fare davvero... prima di tutto disegnare. E così nasce una collaborazione con la testata brasiliana GLOBO per realizzare una serie di invasioni nelle foto dei tifosi durante i mondiali di calcio. Primo passaggio per realizzare una vera e propria invasione da parte dei suoi personaggi per reinterpretare con sguardo ironico e poetico la visione stessa della realtà.















venerdì 19 dicembre 2014

IL CONDOMINIO DENTRO LA MIA TESTA


Per un autore i personaggi delle storie che scrive non sono semplici creature di fantasia relegate in un mondo di carta e inchiostro, ma incarnano qualcosa di molto più ricco e complesso.
Sono pensati, creati, costruiti rubando caratteristiche e ricordi a persone che si amano o si sono amate in passato - oppure odiate... nelle storie ci sono anche personaggi poco raccomandabili -, oppure si tende a saccheggiare il baule delle cose lette, viste o scoperte da quando parli, leggi o guardi la TV. 
Una miriade di informazioni che si sono accavallate nella tua testa e vengono fuori quando meno te lo aspetti. In letteratura si chiamano "plagi" oppure "citazioni", "omaggi". 
I plagi non sono sempre volontari. 
Tu mica puoi ricordarti che in una puntata di un telefilm visto all'età di sette anni c'era proprio quel particolare che hai inserito nel tuo romanzo. 
Quella cosa c'è, ma tu, molto semplicemente, ignori di averla archiviata nel tuo database personale. 
A volte ti rivela il misfatto un lettore quando durante una presentazione ti domanda: "Ma in quella scena volevi omaggiare la serie televisiva "Le isole perdute", vero?"
La tua faccia da ebete spiegherebbe molte più cose del tuo vago tentativo di parlare delle influenze artistiche in modo mooooolto generico per deviare la domanda. Ma il lettore insiste e persiste e tu, ancora più ebete, ascolti un'interpretazione della tua storia a te completamente ignota. A volte persino più figa, ricca e articolata di quella che hai pensato tu nella tua umile testolina. Perché spesso si procede per istinto... si segue un ritmo, un'idea senza pensarci troppo, assecondando un impulso creativo indomabile. Le interpretazioni le lascio a chi mi legge. 

Ecco qual'è il guaio: i personaggi ti tengono compagnia per mesi - a volte per anni - e sono più presenti di amici, mogli e parenti.Ci sono in piena notte quando ti alzi dal letto per buttare giù alcune idee. Ci sono la mattina appena ti alzi e ci sono anche quando lavori e dovresti rendere in un altro senso. Servi ai tavoli di un ristorante e nel cervello di riserva - io lo chiamo così - pensi ancora alla storia che stai cercando di scrivere. I personaggi ti parlano sempre. Invadono i sogni e si modellano lentamente, occupando spazi e tempo libero. 
Poi, dopo mesi o anni, quando "chiudi" una storia, ti capita di soffrire di depressione per abbandono o per distacco coatto. O almeno ci provi a staccare la spina... a pensare ad altro, ma loro mordono ancora e pretendono attenzioni. In realtà non li cancelli mai, anche quando passi a un'altra storia e il tuo condominio mentale si affolla di altre presenze, loro si siedono ancora alla tua tavola e bevono il caffè in tua compagnia, ridendo delle tue occhiaie e dei tuoi scazzi creativi.
"Se ci sei riuscito con noi puoi farcela con qualsiasi personaggio. Fidati." Me lo dicono con il sorriso... per sfottermi e farmi coraggio. 
Il mio consiglio è imparare a conviverci anche nei momenti più duri... quando vorresti tutto meno che una banda chiassosa di fantasmi che continua a chiederti se hai messo la moka sul fuoco. 

A volte, quando passeggio per Alghero, mi capita di vedere Dumas. Lo vedo chiaramente con la sua Minolta a tracolla che inquadra scorci cittadini per evocare Dora, la donna amata. E mi succede la stessa cosa con altri personaggi. Vedi Danette e Denis. Ma anche con creature che non avete ancora avuto modo di incontrare perché vivono ancora rinchiusi nella mia testa e nel mio computer. 

Tra non molto dovrebbe uscire il mio nuovo romanzo. Si parla del mese di marzo e io ci spero tanto. Un'altra corsa folle che non so esattamente dove mi porterà. 
Altre facce, altre storie e altri fantasmi da dare in pasto ai lettori. 
Vi devo confidare un segreto: Io non vedo l'ora che accada per sentirmi più leggero e fare spazio ai nuovi arrivi. 

P.S. - Ah... non ho parlato del grande divertimento e la grande gioia che si prova quando si inventano storie e personaggi. Ma di questo potrei parlare in un altro post, sempre che i fantasmi non si montino troppo la testa e inizino a pretendere l'impossibile. :-)

martedì 25 novembre 2014

DICIOTTO OSSA ROTTE di FRANCESCA RAMOS


Ho finito di leggerlo ieri notte e come succede tutte le volte che inciampo per puro caso in una cosa bella, ne sento subito una straziante nostalgia.
Sono arrivato al libro leggendo un post nel blog di Matteo B. Bianchi: mi incuriosiva l'idea che si trattasse di un romanzo uscito postumo (Francesca Ramos è morta i primi mesi del 2012 per delle complicazioni sopraggiunte dopo un delicato intervento chirurgico) e mi incuriosiva ancora di più il lavoro svolto da Matteo per riportare alla luce una storia che non meritava di restare nascosta nella penombra di un cassetto o nella memoria di chi l'aveva letta nelle sue varie bozze e versioni.
E così, con il benestare della famiglia dell'autrice, Matteo ha lavorato sul testo seguendo fedelmente le indicazioni e gli appunti lasciati da Francesca. Il suo intento era quello di riprendere in mano la storia dopo l'operazione per un'ultima revisione; aveva in mente qualche piccolo cambiamento e delle aggiunte per rendere più articolato l'ambiente musicale in cui si muove e lavora la protagonista. Cambiamenti che potevano arricchire il testo, ma non modificare l'ossatura principale della storia.

Il romanzo inizia con Francesca che è costretta a partire per raggiungere la madre a Roma, dove si è rotta una gamba. La partenza improvvisa la obbliga a chiedere aiuto alla cugina Alessandra - una cantante jazz che non vede da parecchi anni - perché si prenda cura del fratello Leonardo, un ragazzo affetto da un ritardo mentale che lo fa vivere in un mondo tutto suo pieno zeppo di regole, abitudini e amicizie immaginarie. 
Il romanzo è tutto qui in fondo... racconta l'incontro tra queste due anime sole e la loro convivenza complicata e coatta. 
Una cantante che cerca di cavarsela in un mondo musicale complicato e competitivo, e un ragazzo che non si separa mai dal suo bastoncino rosa. 
Nei pochi giorni passati insieme ritornano a galla i ricordi di un passato mai dimenticato, le estati trascorse insieme, le complicità, i giochi, i rituali della famiglia, il ricordo della piccola Elisa, la sorella di Francesca e di Leonardo, che all'età di 10 anni si è buttata dalla finestra senza un motivo apparente, scombussolando con la sua morte improvvisa gli equilibri già fragilissimi di una famiglia provata dalla nascita di Leo. 

Le diciotto ossa rotte del titolo sono le ossa che la piccola Elisa si rompe prima di morire in una calda notte d'estate nel giardino della casa al mare, tra i frutti marci dell'albero di nespolo. E la sua voce, dolce e infantile, spietata e lucida, ci accompagna nella storia raccontandoci la sua famiglia dal suo personale punto di vista.

Un romanzo fragile, tenero, semplice, diretto, crudo e poetico.

Come scrive Matteo B. Bianchi nella postfazione: "Diciotto ossa rotte" è la storia di una ragazza che è scomparsa troppo giovane e che riesce comunque a trovare il modo di comunicare la sua verità a chi è rimasto. Un'analogia così significativa non poteva in alcun modo essere ignorata.

IMPERDIBILE. 

mercoledì 19 novembre 2014

DRAGONERO di STEFANO VIETTI


Aspettavo questo romanzo da diversi mesi e la mia curiosità era alimentata dalla stima per l'autore e dalla passione per la serie Bonelli che ogni mese racconta le avventure di Dragonero. 
Ieri, finalmente, ho finito di leggerlo e posso dire con assoluta certezza che non solo il romanzo non ha deluso le mie aspettative (altissime), ma le ha persino superate, scosse e sorprese, 
E sì, perché il romanzo (e di questo sono enormemente felice) è molto più nero. crudo e duro della serie a fumetti. Sono descritte delle scene di lotta e di guerra magistrali... non vi posso svelare troppo perché ucciderei il piacere della lettura con delle anticipazioni inutili. Vi dico solo che il personaggio di Ian, il guerriero dal sangue di Drago, si arricchisce di nuove sfumature e così accade con i suoi eccezionali comprimari: l'orco Gmor e l'elfa di Frondascrura di nome Sera. 

Il romanzo racconta il tentativo del mago Alben di fermare, insieme all'aiuto dei nostri tre eroi, un'entità oscura e malvagia di nome Caen che si è ridestata dal suo sonno secolare con il cuore gonfio di odio e vendetta. Un reietto, il risultato di terribili mutazioni genetiche che hanno creato una stirpe di creature dai poteri incontrollabili. Ne sono rimaste solo due in vita. Caen e Loenia... anche lei fuggita dalla sua prigione per raggiungere il fratello di sangue. Chi arriverà prima nella voragine che imprigiona ancora Caen? Alben con i suoi compagni di viaggio o la reietta in fuga? 
La storia è ricca di sorprese inattese e dovrete arrivare fino all'ultima pagina per capire davvero tutti i segreti e i misteri della complessa trama intessuta dall'abilità e dalla fantasia di Stefano Vietti. Un autore che non si perde in chiacchiere e ama l'azione e la concretezza. Forse proprio perché arriva dal mondo del fumetto e ama visualizzare le storie che scrive con immagini chiare, dirette e senza fronzoli superflui. 



Il romanzo ha venduto così bene - ben oltre le iniziali aspettative - che sono stati annunciati dagli stessi autori un secondo romanzo - scritto da Luca Enoch, coautore della serie - e persino un terzo libro, firmato ancora una volta da Vietti. 
Una staffetta doverosa e necessaria per permettere agli autori di seguire la serie a fumetti e diversi progetti collaterali. 
Inutile dirvi che non vedo l'ora di rituffarmi nell'avventura pura... nell'attesa, calmerò la mia sete, con gli albi Bonelli. 
Vi pare poco? :-)


Vietti con Draginero.


L'orco Gmor.


Vietti coccolato dalle sue creature.

domenica 9 novembre 2014

AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA


Ieri sera, io e i miei amici, siamo andati a mangiare in un locale dove suonavano due nostri amici. Ci siamo andati alla cieca, senza sapere niente su come e su cosa si mangiava. Un locale che ha cambiato gestione il 15 ottobre - abbiamo scoperto poi - e che quindi dovrebbe fare di tutto per attirare nuova clientela e, nel caso, confermare la vecchia. Com'è andata? Mah... diciamo che ieri sera ho avuto l'ennesima conferma che ristoratori non ci si improvvisa come pensano molte persone con cui mi capita di parlare. La convinzione comune è che se sei bravo a cucinare e spadellare per gli amici nella cucina di casa tua, sarai anche bravo nella gestione di un cucina professionale che deve sfornare piatti per molte persone con ritmi e scansioni del tutto diverse. Sappiate che non è così. Si pensa, erroneamente, che i guadagni siano facili e che in fondo, dare da mangiare alla gente, è la cosa più semplice che ci possa essere al mondo. Che ci vuole?  Be', prima di tutto ci vuole professionalità in tutti i reparti, perché bisogna saper cucinare e gestire nel modo giusto la cucina, i macchinari, i reparti, la spesa, il personale; perché bisogna saper servire e seguire il cliente con gentilezza e prontezza di spirito; perché si devono usare prodotti di prima qualità e non barare... perché chi bara rischia sempre grosso. 

Ieri sera siamo arrivati quando il locale era già pieno. Tavolo prenotato per le 21:30. Siamo in sei. Ci sediamo senza che nessuno ci accolga e ci indichi il tavolo. Lo scopriamo da soli perché si trova all'ingresso con un cartellino con su scritto il mio cognome. Nessuno si avvicina a chiederci se siamo i clienti che hanno prenotato. Nulla. Una cameriera, dopo una decina di minuti, ci porta due menù e ci avvisa che appena può ce ne porterà degli altri. Ci arrangiamo con quelli e vediamo cosa propone il ristorante. Alla fine optiamo per tre tagliate di manzo con patate arrosto e tre grigliate miste di carne con contorno compreso. Ordiniamo della birra e acqua naturale. Dopo pochi minuti si avvicina una nostra amica, seduta in un altro tavolo, e scopriamo che il loro menù è diverso dal nostro. Incuriositi le chiediamo di farcelo vedere e nell'altro menù ci sono insalate di tutti i tipi e piatti comporti di carne e di pesce a un prezzo decisamente più economico. Chiediamo una spiegazione a una cameriera quando ci portano le tagliate e le patate fritte. L'avvisiamo che abbiamo ordinato tre porzioni di patate arrosto e lei, impacciata, ci lascia la carne e ci dice che va a controllare. Cosa è successo? Lo scopriamo quando al tavolo torna il capo-servizio che ha preso l'ordine. La cameriera ha portato al nostro tavolo un menù sbagliato e le patate al forno non ci sono. Ah... ok. Peccato che la comanda l'hai presa tu. I contorni della grigliata non sono compresi ma da pagare a parte. Come scusa? Ci lamentiamo perché noi abbiamo letto altro nel nostro menù e lui ci dice di stare sereni che sistemerà le cose lui. 
Io tendo a non dire mai nulla in questi casi, ma un amico più preciso e pignolo di me, quando il gestore gli chiede se va tutto bene gli risponde: non esattamente... dipende se vuole sentire la verità o una frase di cortesia. Alla fine ridono e scherzano e gli spiega il problema. Lui si scusa dicendo che hanno aperto da poco, che lui nella vita fa il falegname e quella è una nuova avventura dove si è appena infilato e allora tu capisci che quello che stai pensando - ovvero che sei capitato tra mani di gente improvvisata - è proprio vero. Mi fanno quasi tenerezza. 
I tavoli vicino a noi si lamentano. Un tipo si alza per cercare il capo-servizio per l'ordine. Un altro tavolo riceve delle cose che non ha ordinato dopo un'attesa lunghissima e per sfinimento accettano di mangiare quello che è arrivato. Insomma... una catastrofe. Una cameriera ci spiega che i clienti sono arrivati tutti insieme e che non si aspettavano un afflusso così grande perché avevano solo tre tavoli prenotati. Molto male. Tu, di sabato, non puoi organizzare una serata e sottostimare la situazione. Devi essere pronto, in cucina e in sala, ad affrontare almeno il numero di coperti che prevede il tuo locale. Ci offrono 4 panne cotte per coccolarci e quando chiediamo il conto ci sbagliano il totale di ben 10 euro. Lo facciamo presente e scusandosi in aramaico, ci restituiscono i soldi. Peccato che dopo di noi, arrivi un'altra cliente a lamentarsi per un conto sbagliato. Mah... ecco, queste sono le cose che rischiano di trasformare un'ingenuità in un dubbio poco piacevole. 

Come abbiamo mangiato? I piatti erano buoni - scarsa la porzione della tagliata - e di certo non siamo usciti di malumore, ma... ecco... ci sono molti ma. Se il signor falegname non limerà un po' di cose che non vanno... mmmm... come dire... non credo che andranno molto lontano. Un gestore che chiede consiglio ai clienti perché lui non è del mestiere, come dicevo, può fare tenerezza, ma non è un bel biglietto da visita per chi viene a spendere i suoi soldini - spesso scarsi di questi tempi - per mangiare nel tuo locale. 

Quindi, se siete un idraulico o un meccanico o un infermiere, e vi viene l'idea folle di aprire un ristorante... ecco, pensateci bene. Rischiereste di buttare al vento i vostri preziosi risparmi e di aumentare la montagna di debiti. 

sabato 8 novembre 2014

UNA SERA FUORI E DENTRO LA SCENA


Ieri sera sono andato a teatro per vedere lo spettacolo VARIAZIONI ENIGMATICHE con Stefano Cossu e Carlo Valle. Era da un po' di tempo che non andavo a teatro e l'emozione della sala, del palco, delle luci, delle voci degli attori, mi ha avvolto e stimolato pensieri ed emozioni. La cosa che mi stupisce sempre - io che dimentico tutto - è la capacità degli attori di memorizzare una quantità  impressionate di parole. Il testo recitato ieri sera non era per niente semplice. Ricco di cambi di tono e di registro - dal grottesco, al comico, al drammatico - presentava infinite insidie per gli attori in scena. Vedere Stefano Cossu piangere in un momento altamente tragico della storia, mentre evoca un avvenimento doloroso della sua vita, mi ha sorpreso e incantato. Ho pensato a un trucco scenico. Qualche sostanza urticante spalmata sulle dita? E invece no. Tutta farina dell'attore - direbbe un fornaio - che riesce a compenetrare l'emozione e il dolore e lo ributta fuori in forma liquida per il piacere del pubblico che osserva. E che dire della cinica follia interpretata da Carlo Valle? Uno scrittore premio Nobel che vive in un'isola sperduta nel vuoto della solitudine. Uno scrittore che nel confronto con un giornalista che va a intervistarlo sulla sua isola (non solo geografica), riesce a sparare una serie di bordate che non passano inosservate. Amore, memoria, valore della verità. invadenza della menzogna, finzione, illusione... c'era tutto questo e molto altro ieri sera su quel palco e io dico grazie alla magia del teatro che ha il potere di portarti altrove senza spostarti di un millimetro. 

Uscito dal teatro mi sono incamminato con un amico nel centro storico della città. Salendo il Corso ho provato uno sconforto incredibile. Un grigiore e una desolazione inaudita. Negozi chiusi. Cartelli dove leggevi solo VENDESI  e AFFITTASI. Serrande e vetrine vuote che solo pochi anni fa accoglievano tante attività commerciali. La macelleria, il fioraio, il negozio di elettrodomestici, il calzolaio... negozi che rendevano viva e pulsante quell'arteria della città. Ho trovato aperto solo un locale - uno zilleri - con musica sparata a palla e una fauna strana e variegata con birrozza in mano e sigaretta alla bocca che stazionava in prossimità della porta - una tenda ti impediva di vedere qualcosa del locale. Solo luci verdi e viola e musica assordante. Li guardavo e mi chiedevo: ma da dove saltano fuori tutti questi zombie? Mi apparivano come le comparse perfette di un film ambientato nella periferia degradata di una qualsiasi città. C'era in loro qualcosa di teso, nervoso, febbrile... non comunicavano allegria, gioia, divertimento. E le ragazze con il trucco pesante, le gonne cortissime, le scarpe altissime che non riuscivano a gestire camminando sull'acciottolato della via,.. una di queste c'è passata davanti a piedi nudi... con le scarpe in mano. La faccia stravolta. Poi mi sono detto: be', anche io, in gioventù ho bevuto e ho esagerato e ho sbarellato di brutto... anche io ho recitato nella stessa commedia o farsa... e allora cosa cambia in questo caso?
Cambiava solo la cornice, ecco cosa cambiava. Una città allo sbando che perde pezzi e rende il tutto molto più triste e decadente. La sensazione di perdere il controllo della realtà... in una deriva che non sai frenare e ignori quanto ti possa portare lontano.

In una sera - la stessa sera - la finzione magica del teatro e la verità nuda della realtà. Alza il sipario... cala il sipario. Applausi.

Ieri sera ho provato tristezza e dolore per la mia città. Tristezza e dolore. Tutto qui.

giovedì 30 ottobre 2014

A CASA CON SE STESSI


La fotografa statunitense Sage Sohier ha scattato queste foto 30 anni fa per raccontare la vita famigliare - intima e segreta - delle coppie omosessuali in un'epoca stravolta dall'AIDS. 
La paura del contagio, l'insicurezza, gli strali dell'opinione pubblica, la caccia feroce al presunto untore, la ricerca di un perché divino per punire il peccato e la diversità. Dopo tanti anni le cose sono radicalmente cambiate, la comunità gay ha preso coscienza dei propri diritti e non ha paura di chiedere a gran voce quello che gli spetta. Ma tornare con uno sguardo a quei tempi, riaccende riflessi e ricordi di un passato che ha impastato e plasmato sentimenti, relazioni, storie, destini. 
Un progetto nato dalla biografia della fotografa che negli anni '70 scoprì che il padre aveva lasciato la madre perché gay. La curiosità per la figura paterna e per la sua sessualità diede il via al progetto. Sage affisse annunci in locali e giornali, partecipando anche alle prime sfilate dell'orgoglio omosessuale per capire un mondo nuovo e sconosciuto. 
"Mentre molte coppie erano timide e temevano di apparire, la maggior parte", racconta la fotografa "desideravano che la loro relazione fosse riconosciuta dalla società."

Guardando le foto si aprono tante piccole finestre su storie e sentimenti di coppia e famigliari.
Facce e corpi normali, Facce e corpi lontani dal glamour plastificato. Facce di uomini e donne che si amano e condividono un progetto di vita. 
Facce e corpi non sempre giovani, tonici, esteticamente perfetti... perché non si ama solo a vent'anni e le rughe non fermano i battiti impetuosi dei nostro cuore.
Una piccola lezione di umiltà e onestà.



















mercoledì 22 ottobre 2014

LA CONDIZIONE UMANA

































Vittime di guerra, donne e bimbe sfigurate dall'acido, un soldato che piange, una bimba sopravvissuta nella giungla per una settimana, costumi e tradizioni, una geisha per le strade grigie di una città, un avvocato e la sua assistente, una madre senza braccia alimentata dal figlio, due bimbi addormentati, una modella, due donne anziane che si amano da una vita, bambini albini in India, donne armate per difendere la loro terra, caccia con l'aquila dorata in Mongolia, un tentativo di suicidio, un minatore cinese. 

30 scatti per raccontare le infinite sfumature dell'umanità.