mercoledì 28 novembre 2012

IL REFUSO NON PERDONA

 
Nel post precedente ho parlato del trucco della lente di ingrandimento per scovare in un manoscritto refusi ed errori di battitura.
C'è chi legge a voce alta, chi legge alla rovescia, chi partendo dall'ultima riga per arrivare alla prima, chi legge a salti, chi a voce alta, chi usando un righello per separare le righe dal contesto generale...insomma, l'incubo del refuso è sempre presente nella vita di un autore e in quella professionale di un editor.
Proprio l'altro giorno, lavorando alle bozze di un testo al corso di editoria, abbiamo scoperto un piccolo refuso nel libro stampato. Di cosa si tratta? Una stupidata, ma nel suo piccolo...stona.
Allora, la casa editrice, per una loro convenzione metodologica, scrive i nomi delle città, le località, le parole straniere, le marche o ad esempio il nome di un vino, sempre in corsivo. Quindi, se un autore scrive ad esempio "La Pelosa"* tra virgolette, loro tolgono le virgolette e scrivono la località in corsivo. Bene, tutto chiaro, peccato che poi, confrontando i due testi, si scopre che La Pelosa è stato scritto in corsivo tra virgolette nella versione definitiva.
Cosa è successo? Molto semplice: una svista. Hanno corretto la parola, ma non hanno eliminato le virgolette. Quindi, se nella ristampa quel refuso non ci sarà, il merito è tutto nostro.
Perché parlo di questo? Perché l'altro giorno, dopo aver inviato tutto orgoglioso il mio ultimo romanzo a una cara amica, vengo a scoprire, grazie a lei, un orrore ortografico proprio nel primo capitolo. Una svista assurda, impossibile...eppure...è capitato. A volte ci si mette anche il computer a cambiarti le parole, o a volte ti ci metti tu, che cambi la costruzione di una frase e ti dimentichi una H di troppo! Fa sempre male...peggio di un calcio negli stinchi.
Puoi leggerlo mille volte ma lui...lui...il dannato refuso spunta sempre quando meno te lo aspetti.
 
* La Pelosa: famosa spiaggia di Stintino.

1 commento:

  1. Io ho recentemente letto, nella prima riga di un romanzo: era inverno, la seconda settimana di novembre.
    Essendo un romanzo tradotto quest'anno, per la prima volta, da un testo del 1865, sono andata a cercare la versione originale e, anche lì, riportano che la seconda settimana di novembre è inverno. Mi è rimasto il dubbio che, forse, in Inghilterra, nell'era vittoriana, l'inverno non cominciasse il 21 dicembre, oppure che ci si riferisse a 'inverno meteorologico' e non a 'inverno astrologico' ... e ... va bé, lo so, son strana!

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