giovedì 26 aprile 2012

IL POTERE DELLA FANTASIA


Ho scritto questo articolo per il sito di IoScrittore.
  
Sono sempre stato un bambino calmo, riflessivo e chiuso in un mondo tutto suo.
Occhi verdi, capelli castani con un lungo ciuffo che cadeva sugli occhi, e un paio di occhiali con una montatura troppa grossa e scura che mi trasformava in un piccolo Albano. Disegnavo sempre con matite e colori il mondo fantastico che sognavo ad occhi aperti. Disegnavo di tutto. Illustrai il “Pinocchio” di Comencini con Nino Manfredi nei panni di Geppetto, catturato dalla storia e innamorato della Fata Turchina. Più tardi mi dedicai ai robot Japan e ai supereroi della Marvel. Successivamente mi cimentai in grandi disegni astratti che appendevo in camera o regalavo agli amici dei miei genitori, che mi guardavano sempre come un piccolo genio incompreso. Leggevo Topolino, Zagor, L’Uomo Ragno, i romanzi d’avventura di Conan e sognavo di diventare esattamente come LORO. Svegliarmi una mattina e ritrovarmi alto, muscoloso, con la vista a raggi X e la forza strepitosa di Superman. Non capitò mai. Continuai a indossare i miei occhiali spessi e i miei vestiti magri per andare a scuola.
Non alzavo mai gli occhi dal marciapiede, troppo timido per guardare il mondo in faccia.
Mia nonna mi osservava pensierosa e mi diceva: «Tu diventerai un architetto famoso. Disegni cose troppo belle per non creare qualcosa di grandioso!»
Mia mamma mi guardava e mi diceva: «Tu, figlio mio, sei così sensibile, che diventerai un chirurgo famoso. Curerai le persone malate e aiuterai i sofferenti con la tua scienza.»
Mio padre mi spiava mentre giocavo e mi diceva: «Tu diventerai un grande calciatore. Giocherai in serie A e ti sposerai con un’attrice bellissima.»
Io ascoltavo le loro profezie e pensavo che di costruire ponti, di curare la gente malata e di giocare a pallone per sposare un’attrice famosa non mi fregava nulla!
Io pensavo solo alle mie fantasie.
Scrivevo poesie, racconti, abbozzi di romanzi e lo facevo con la penna a biro e il quaderno a quadretti. Storie influenzate da fumetti, romanzi d’avventura e telefilm che vedevo in tv. Saghe famigliari impossibili e storie di orfane che cercavano un riscatto. Se ci penso ora mi nasce spontaneo un sorriso imbarazzato.
Per anni ho studiato, vissuto e cercato una strada che potessi sentire almeno un po’ mia.
Non sono diventato niente di tutto quello che sognavano i miei famigliari veggenti.
Ho continuato a disegnare e a scrivere nella solitudine della mia cameretta.
Il mio battesimo è arrivato con la prima edizione di Io Scrittore. Spedii una raccolta di racconti. Passai nei 200 e lì mi fermai. L’aspetto più emozionate fu mettere il mio “bambino” nelle mani di persone che non conoscevo. Attendere i loro giudizi e i loro voti. Immaginavo i miei lettori come appassionati di scrittura che sognavano le stesse cose che sognavo io e questo mi entusiasmava. Grazie al Torneo ho conosciuto delle persone stupende. Ci siamo confrontati, consolati e stimolati. Scrivere è un’attività così solitaria che spesso si perde il senso della cose che fai.
Per la seconda edizione ho scelto di partecipare con un romanzo scritto per l’occasione. Sono arrivato tra i primi 30 (non vi dico il pianto e l’emozione quando via internet ho scoperto in tempo reale che il mio “bambino” era arrivato in finale!) e ora sono uscito in versione ebook. Un piccolo, grande passo verso un sogno che sento sempre più fulgido e stimolante.
Sono in gara anche quest’anno. Non mi sento arrivato da nessuna parte e per questo ho deciso di mettermi in gioco ancora una volta. Sperando in lettori attenti, onesti e amanti delle parole scritte.
In me c’è ancora quel bambino occhialuto che sognava di diventare agile e potente come Peter Parker. Ho perso il ciuffo ribelle, non mi sono sposato con una velina e sono ingrassato.
Le mie ragnatele sono le storie che scrivo…sono loro che mi tirano su e mi salvano dal nemico: la noia e la rinuncia.
Credeteci.
Disegnate il vostro destino.
Io ci provo ancora.
Niente biro e quaderno a quadretti.
Il fedele computer e tutto un mondo da svelare.
Mia madre, mio padre e mia nonna hanno letto il mio libro.
Si sono emozionati e hanno capito perché perdessi tanto tempo chino sulla scrivania della mia cameretta.
Anche queste sono piccole rivoluzioni.

giovedì 19 aprile 2012

INTERNO 11 di ANGELA ROSA


In Italia si scrivono molti libri gialli e molti thriller.
Le edicole e le librerie sono invase da volumi colorati dove gronda sangue, brillano lame assassine, scivolano ombre minacciose.
Sono stati creati commissari e ispettori di tutti i generi.
Personaggi particolari, curiosi, anomali, tradizionali, con poteri speciali, con qualche vizio fin troppo umano e intorno a loro gira una corte di donne fatali, compagne premurose, colleghi con le più svariate peculiarità umane.
L'attenzione maniacale degli italiani (almeno secondo la TV) per i delitti, le scomparse e i misteri, sembra incentivare questa fascia di mercato con sempre nuove proposte.
Kay Scarpetta è prossima alla pensione?
Chissà!
Tra tanti libri di questo genere "abusato", scandagliato e sviscerato da scrittori affermati e da novelle promesse della letteratura, sono "inciampato" in un romanzo che mi ha sorpreso e divertito.
INTERNO 11 di Angela Rosa propone l'ennesimo ispettore di Polizia, Gianni Gardena, un personaggio che riesce subito a creare un rapporto empatico con il lettore.
L'inizio del romanzo lo proietta nella casa della sua infanzia.
Lì, qualcuno è stato ucciso.
Strano entrare nella casa dove hai vissuto con la tua famiglia e rivedere, con i tuoi occhi adulti, la cameretta di allora.
Il romanzo parte da questo salto nel passato per seguire le spire di un'indagine che presenta una sfilza di personaggi che non deludono mai.
Tutti credibili, reali, oserei dire, per la loro capacità di saltar fuori dalle pagine.
L'ironia che impregna il romanzo rende la storia ancora più leggere e piacevole.
La scrittura è scorrevole, sicura e solo in apparenza semplice.
Il finale è sorprendente.
Non delude come capita molto spesso in questo genere di romanzi.
Anzi.
Gianni Gardena è uno dei tanti ispettori-commissari che intasano il mercato editoriale italiano...ma è speciale e non delude con il suo tocco umano e speciale.
Sarà difficile dimenticarlo.
Parola di Lupetto!

L'Autrice mi ha concesso un'intervista che rivela il suo piglio allegro e ironico.
Conosciamola meglio.

1- Com’è nata l’idea del romanzo?
 Il romanzo somiglia ad Eva: nasce dalla costola di qualcun’altro. l’Ispettore Gardena è uno dei personaggi minori del mio primo libro; ha sgomitato per guadagnarsi la sua ribalta. A quanto pare c’è riuscito.
 
2- Come lavori sul carattere dei tuoi personaggi? Ti sei ispirata a persone reali?
 I miei personaggi sono tutti inventati. Sono la rappresentazione delle mille vite che avrei  voluto vivere
 3- Nel mercato editoriale i gialli, i noir, i thriller attirano moltissimi lettori. Non si contano i            commissari e gli ispettori nati negli ultimi anni. Dove collochi Gianni Gardena, il tuo
ispettore?
 Non so, lui è ancora giovane, deve farsi le ossa. Per ora mi accontenterei di vederlo nella vetrina di qualche libreria. Più in là mi piacerebbe vederlo lavorare in coppia... magari con Harry Bosch. 
 4- La tua passione per la scrittura quando nasce e dove e quando ami scrivere?
            Al primo anno delle superiori confessai al mio professore di italiano che volevo scrivere un romanzo e lui mi incoraggiò molto. Sono riuscita a finirlo 25 anni più tardi, ma va bene così, sto recuperando.
Scrivo a casa, di giorno, principalmente sul letto, col notebook sulle gambe.
 5- Nel romanzo si trattano temi delicati come l’omosessualità, la fecondazione assistita, la diversità. Come hai gestito questi argomenti così delicati?
 Per me sono argomenti normali. Se per qualcuno sono delicati, mi spiace, spero di non avere offeso nessuno.
 6- L’ironia pervade tutto il romanzo. Alleggerisce la lettura e rende tutto più scorrevole e piacevole. E’ una caratteristica della tua scrittura o una peculiarità di questo particolare romanzo?
            Gardena mi è molto simpatico: è possibile che nel romanzo questo sentimento si sia tradotto in ironia. Ma è anche possibile che la mia ironia abbia reso l’ispettore Gardena un tipo simpatico. Chissà.
 7- La tua prima memoria culturale?

 Topolino.
 8- Biografia in una playlist?
            La musica non è tra le mie passioni. Posso dirti qualche film: Blade runner, Manhattan, Ladri di biciclette, The new world...
 9- Cosa stai leggendo in questo momento?
 Ho appena finito l’ultimo di King, sarà dura trovare qualcosa di altrettanto buono. Credo che
attaccherò con Victor Hugo.
 10- Mai compiuto illegalità nel nome della cultura?
Ho rubato un libro nell’anticamera di un dentista.
 11- Cosa ti fa paura?
 La morte. Compreso ciò che la precede e ciò che la segue.
 12- Cosa odi e ami della tua città.
            Di Roma amo la grandezza della sua storia.
Detesto tutti coloro che se ne sono impossessati senza portarle rispetto.
 13- Luoghi comuni sull’omosessualità?
Tanti, come per tutte le cose. Credo però che i luoghi comuni abbiano spesso una base di verità.
 14- La frase-scusa preferita?
 Sono stanca.
 15- A 13 anni cosa volevi fare?
 L’agente segreto.
 16 - Hai il potere assoluto per un giorno. La prima cosa che fai?
 Pulizia.
 17- Se la tua vita fosse un film chi sarebbe il regista?
 Nanni Moretti.
 18- Come spiegheresti a un bambino la parola: felicità?
 Hai presente quella cosa che provi quando apri un pacchetto di carte dei Pokemon? Ecco, quella è la felicità.
19- Cosa conta più dell’amore?
Il pianeta terra.
 20- La tua casa brucia. Cosa salvi?
   Computer, maledetto, computer.
 21- Se ti dico Italia... cos’è la prima cosa che ti viene in mente?
 Temo sia “pizza”.
 22- La volta che hai riso di più?
 Temo di non ricordarlo.
 23- Una cosa che non hai mai capito della gente?
 Cosa ci trovi nella gente.
 24- Una cosa che volevi e non hai avuto?
Uno yacht.
 25- Un consiglio che non hai dimenticato?
 Ho una pessima memoria.
 26- Come valuti la tua esperienza al Torneo di Gems?
 Memorabile.
 27- Cosa guardi in tv e cosa odi della tv?
 Posso digerire tutto, tranne gli sceneggiati, Zelig e il varietà del sabato sera.
 28- Una frase che ti rappresenti?
 Una qualsiasi frase che cominci con “io”.
 29- Quanto conta il sesso nella vita?
 No comment.
 30- Il senso più importante?
 Immagino sia la vista.
 31- Il cartone animato più amato da bambina?
 Santo cielo: Candy Candy!
 32- Cosa c’è sempre nel tuo frigo?
 Prima, la maionese. Ora le proteine.
 33- Una cosa stupida che non riesci a smettere di fare?
Mordermi le labbra.
34- Icone moderne?
 Oggi non so riconoscerle. Negli anni ’80, Madonna e Duran Duran.
 35- Il vero lusso è?
 La mattina: spegnere la sveglia e rimettersi a dormire.
 36- Progetti futuri?
 Diventare famosa.
 37- Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni? Tre nomi.
 Clint Eastwood, Stephen King e Olga Fernando per tradurre.
 38- Se alzi gli occhi al cielo a cosa pensi?
 Se ci sono delle nuvole, che è bellissimo.

***
Grazie ad Angela Rosa per la simpatia e la disponibilità.
Non vi resta che leggere il suo romanzo.
Non ve ne pentirete.

mercoledì 18 aprile 2012

FIESTA MI TENTA TRE VOLTE TANTO!


Esco dal ristorante alle 23:30 dopo il turno serale.
C'è freddo.
Tira un vento fastidioso.
La città è deserta.
Bar e ristoranti sono già chiusi e le insegne spente.
Mi chiedo come sia possibile che le anime perse che vagavano per le strade solitarie, si siano ritrovate tutte nella nostra trattoria.
Mi fa male la schiena.
Uno strappo muscolare provocato da un movimeto sbagliato in magazzino.
Ho fame.
Ho voglia di tornare a casa, di infilarmi le ciabatte e di rilassarmi davanti alla TV.
Cammino veloce, soffrendo i morsi del freddo e pensando soltanto al calduccio del divano.
Mi vengono incontro due ragazzi.
Lui, alto e moro.
Lei, bionda e carina.
Il ragazzo mi ferma e mi dice: "Puedo chiedere una questione?"
"Prego...dimmi pure" rispondo io.
Il ragazzo allarga le braccia e mi chiede: "Dove sta la fiesta?"
Per un attimo penso alla mia macchina parcheggiata sotto casa.
"La fiesta?" ripeto.
"Sì, la fiesta" dice il ragazzo indicando il porto in lontananza, i giardini bui, le case del centro storico.
"Ah, ecco...la fiesta generale...e...amico...mi sa che la fiesta è finita."
"Niente fiesta?"
Ma mi hai visto?
Penso.
Hai visto con chi stai parlando?
Ti sembro uno in cerca di fiesta?

Ecco cosa vuol dire partire in vacanza in bassa stagione.
Si risparmia...è vero...ma la fiesta...spesso...non è ancora iniziata per nessuno.

lunedì 16 aprile 2012

MERINGA FA SUL SERIO


Casa mia (o per meglio dire la cucina) si è trasformata in una nursery da una settimana a questa parte.
La mia canarina Meringa ha deposto 4 piccole uova e le cova con una dedizione incredibile che non mi sarei mai aspettato conoscendo il suo temperamento fumantino.
Camillo, il maritino, non la disturba e la osserva con preoccupazione.
Ogni tanto la sostituisce quando lei deve alzarsi per mangiare.
L'altra sera ho sorpreso la coppietta accovacciata insieme sul nido con le piume belle gonfie per trattenere più calore possibile.
Non so se le uova siano state fecondate o se si tratti di una "gravidanza isterica".
Seguendo i consigli di un sito specializzato ho osservato le uova in controluce, aiutandomi con una lampadina, per capire se all'interno galleggi l'embrione.
Ho individuato una zona più scura, ma non so se si possa parlare di embrione o di tuorlo.
La gestazione, in condizioni ottimali, dura 13 giorni.
Visto il freddo e il vento dell'ultimo periodo li ho dovuti portare dentro casa e lasciarli in un punto che non crei troppi problemi di convivenza.
Attendo tutta la settimana per decidere cosa fare.
Infatti, se le uova risultassero non fecondate, bisognerebbe toglierle dal nido per evitare alla femmina lo stress della cova.
Spero che almeno una di queste piccole uova maculate mi regali un piccolo canarino.
Sarebbe un'esperienza fantastica.

Per ora cerco di non disturbarli, anche se alle prime luci del mattino sono loro a svegliare me con gorgheggi vari.
Allora mi alzo, infili i tappi nelle orecchie, e attendo il suono della sveglia per andare al lavoro. La mia, in fondo, è una convivenza civile e pennuta.

Eheheh...

sabato 14 aprile 2012

OCCHI A PALLA!


A due giorni dall'uscita del mio libro in versione ebook, sono ancora vittima di uno strano incantesimo.
La faccia stranita e gli occhi sbarrati.
Sono stato investito da un mare di contatti, messaggi, auguri e...domande.
Ho capito solo adesso cosa vuol dire gestire le pubbliche relazioni.
Una definizione che mi fa rabbrividire.

Le domande sono le cose che mi hanno messo più in difficoltà.
Nell'ordine: "Dove posso trovare il libro?"
Intendendo un libro cartaceo. Poi spieghi che si tratta di un ebook e la domanda seguente è: "E perché non lo hai fatto anche di carta?".
Oppure esplodono in un'esclamazione di disappunto: "Ma io voglio il libro di carta!!!"
Sorridi e cerchi di spiegare che non dipende da te il formato del libro, che hai vinto una pubblicazione in ebook e quindi il libro è uscito ovviamente in quel formato.
Figuriamoci se io avrei detto NO a una versione cartacea!
Le domande poi vertono su come si deve fare per comprare e leggere un ebook.
E scopri come per miracolo che molti non sanno neanche di cosa stai parlando.
Per questo ho creato un angolo nel blog per far trovare subito il testo agli amici più distratti.

Ho ricevuto messaggi da amici lontani e loro, tra tutti, sono stati i primi a comprarmi e sostenermi.
Trovarmi all'undicesimo posto degli ebook più venduti sul portale di Gems non può che rendermi felice.
Molti hanno amato la copertina...qualcuno ha trovato l'immagine troppo infantile.
Io ribadisco: la copertina mi piace moltissimo.
Anche diversi amici-colleghi del Torneo mi hanno fatto sapere di aver comprato il libro e di averlo iniziato a leggere.
E ora scatta immediata la sindrome chiamata "e-se-adesso-deludo?".

Sono troppo avulso dal mio lavoro per godermi del tutto il momento.
Vorrei andare alla Fiera del Libro di Torino e non posso farlo.

Mi devo accontentare di guardare le cose da lontano...molto lontano da lì!

Buon fine settimana a tutti e...buona lettura!

giovedì 12 aprile 2012

UN POSTO MOLTO LONTANO DA QUI


Ieri notte torno dal lavoro alle 23:30.
Stanco, affamato e con la testa presa da mille pensieri.
Un amico da Londra mi chiede su FB quando uscirà il romanzo.
Rispondo: "Domani...12 aprile!"
Passano dieci minuti e vedo sulla mia bacheca la copertina del mio libro.
Anto, il mio amico londinese, aveva cercato su google il titolo e aveva trovato al volo l'anteprima del romanzo su Amazon. Non ancora in vendita, ma disponibile per la prevendita.
Non vi racconto cosa ho fatto.
Sono sicuro che una scimmia in una gabbia farebbe meno casino di quello che ho fatto io!
E' stata un'emozione fortissima che non so descrivere.
Una specie di tsunami che mi ha scombussolato le viscere.
Ho passato la notte insonne e sono crollato solo alle prime luci del mattino.

L'emozione più forte è stata vedere la copertina realizzata da Riccardo Gola.
Per giorni ho fantasticato sulla possibile scelta grafica decisa dall'illustratore per raccontare con un'immagine il mio libro.
Ho pensato a mille cose...ma non all'opzione finale.
Un'immagine perfetta.
Poetica ed evocatica.
Bravissimo.

Qui la sinossi scritta dalla casa editrice:
Dora, Dumas, Denis e Danette: quattro personaggi sullo sfondo di una Sardegna lucente e aspra. L'amore tra Dora e Dumas spezzato dal destino. Un'amicizia che nasce, quella tra l'adolescente problematico Denis e la piccola Danette, che ha solo nove anni ma è già capace di percepire il lato oscuro e maligno del mondo. Una misteriosa Ombra che la minaccia, forse la stessa che anche Denis ha incontrato da bambino, quando è caduto in fondo a un pozzo scuro e freddo e ci è rimasto per tre giorni prima di essere salvato. Le paure dei due ragazzi, cui gli adulti non danno alcun peso, trovano un sostegno insperato in Dumas, amico di chat di Denis. In cerca delle emozioni di un tempo che non può più tornare, l'uomo passa le sue giornate a fotografare i luoghi della sua vita con Dora. E prima di diventare anche lui sogno, spedirà a Denis le immagini, che costituiranno per i due ragazzi l'arma più efficace contro la malefica Ombra. Un'arma potente, ma non definitiva. Un romanzo onirico, denso e avvincente, sull'ineluttabilità del male e la forza salvifica dei sentimenti sinceri, sospesi in una lotta eterna.

Anche in questo caso...perfetta.

Dove comprarlo?
Il primo mese costerà solo 0,99 euro...meno di un caffè espresso!







...e tanti altri siti di vendita ebook!

P.S.- per poter leggere l'ebook dal PC (per chi non possiede un tablet) bisogna scaricare il programma di Adobe dal link che segue.


Che dire?
Non so che sarà di questa piccola storia...io spero tanto che incontri occhi generosi.

In attesa vado a sbronzarmi...ogni tanto ci vuole!

mercoledì 11 aprile 2012

FIOCCO ROSA


Domani uscirà il mio primo romanzo in versione ebook per il gruppo Gems.
Dopo tanti mesi di attesa, lavoro e trepidazione, finalmente il sogno prende forma.
E' una forma digitale, "inconsistente", senza un peso specifico e senza un odore...ma sono certo che dentro le pagine che ho scritto c'è tutto quello che manca fuori.
Cuore, sostanza e voglia di raccontare una storia.

UN POSTO MOLTO LONTANO DA QUI.

Il pupo sgambetta felice e tra poche ore correrà per la sua strada asfaltata di sole.

Ho scelto una foto che con il libro c'entra qualcosa...bisogna solo leggerlo per capire perché!

P.S.- posso dire di essere felice?
Posso?

lunedì 9 aprile 2012

CLONI


In ristorante ti capitano clienti di tutti i tipi.
Ognuno di loro ha una storia, un vissuto, delle esperienze che si porta dietro sulle rughe della faccia, sugli abiti che indossa, sulle scarpe che calza.
I camerieri, per molti di loro, sono solo ombre fugaci che portano piatti.
Ombre senza orecchie, occhi e bocche per parlare.
Sistemi i tavoli, organizzi i coperti e loro parlano senza preoccuparsi di quello che puoi sentire tu.
Ieri mi è capitato un tipo sui 35 anni, rasato, denti perfetti, spavaldo e sicuro di sé.
Pranzava con due donzelle e un amico.
Una donzella era la copia bella di Nina Moric. Molto giovane, molto alta e molto appariscente.
Il tipo rasato parlava con un tono di voce un po' troppo alto e si lasciava spesso andare a termini coloriti mentre intratteneva gli amici con i suoi anedotti.
"Ma cosa cazzo vuole poi...dico...ma si ricorda che seno schifoso si portava dietro? Ma guardate qua..."
L'uomo prende il cellulare, cerca una foto e mostra l'immagine agli amici.
"Ecco com'era 'sta stronza. Mi ha fatto uscire di testa. Voleva la quarta e a cose fatte si vedeva il seno troppo piccolo..."
Ho capito subito che davanti a me mi trovavo un chirurgo plastico giovane, rampante e molto poco riservato. Ha continuato a parlare di questo e quello. Ha letto a voce alta i messaggi di ringraziamento di un'altra cliente che era rinata dopo il suo intervento.
Io ascoltavo incredulo e non potevo credere alle mie orecchie.
Era come se io non ci fossi...non esistessi.
Ho provato la sensazione curiosa dell'invisibilità.
Il chirurgo ha nonimato anche la Moric.
Dai suoi racconti sembra che abbia denunciato il suo chirurgo plastico.
Era chiaro che il messaggio sottotraccia era: se si fosse rivolta a me non avrebbe fatto la brutta fine che ha fatto!
Anche modesto il dottorino.
Guardando la ragazza seduta al suo fianco mi sono chiesto se quella somiglianza con la Moric fosse naturale o aiutata dalla lama sapiente di un bisturi.

Io non sono mai andato da un chirurgo estetico.
Forse mi costerebbe troppo rimettere in ordine le cose che non vanno e allora, per evitare tracolli economici ed emotivi, resto come sono.
Imperfetto e bellissimo.

Ci pensate se capitassi tra le mani di un simile personaggio?

PAURA!

P.S. - Pasqua è passata...resta la Pasquetta...per chi la festeggerà con gli amici con qualche gita rigenerante.
A me tocca il ristorante...vedremo quali altri strani personaggi mi porterà in dono la sorte .

Magra consolazione.
Magrissima!!!

giovedì 5 aprile 2012

DUE BOTTIGLIE DI GIN di CARLO DEFFENU


Le valigie si preparano sempre per andare da qualche parte. Si scelgono con cura le cose da infilarci dentro: vestiti, scarpe, libri, dentifricio, spazzolino, ciabatte. Io cerco sempre di non dimenticarmi le ciabatte. È terribile scoprire di averle lasciate sotto il letto quando ti ritrovi in una stanza sconosciuta e non sai dove mettere i piedi.
Avete mai provato a uscire da una doccia e a infilare i piedi direttamente nelle scarpe?
La sensazione che si prova è di straniamento. Come se una mano ti prendesse per i capelli e ti tirasse via dalla tua quotidianità. Ci penso anche adesso che preparo la valigia. In realtà non è una valigia.
Ho scelto lo zaino di tela che uso per le escursioni. Mi è sempre piaciuto scoprire cosa c’è dietro una collina. E anche quando non ho trovato niente di strabiliante oltre quella vetta arrotondata, mi sono goduto lo sforzo per raggiungerla. Il dolore ai piedi, il sudore, il pane condiviso, il profumo della terra e dell’erba, il volo di un falchetto. Guardo le mie ciabatte e penso che questa volta i miei piedi non avranno bisogno del loro abbraccio. Chiudo lo zaino, controllo che tutto sia in ordine ed esco di casa.
I miei genitori non ci sono. Meglio così. Non amo i saluti. Prendo un autobus che mi porta in centro. Arrivo alla stazione dei pullman e compro un biglietto per Platamona. Il cielo è plumbeo e tira un vento pazzesco. Luglio è sparito nel nulla. La bigliettaia mi chiede se va tutto bene. Sorrido. Rispondo che va tutto benissimo. Forse nei miei occhi ha visto riflesso lo stesso grigio del cielo. Salgo sul pullman e aspetto di partire. Il viaggio scorre lento e monotono. Pochi passeggeri. Gioco con le mani e conto le dita. Sono strane le mie mani. Sudano sempre.
Vorrei che non fosse così. Le sfrego sul fondo dei pantaloni tutte le volte che mi presentano qualcuno. Una ragazza, seduta qualche fila più avanti, parla al cellulare. Sento a malapena le parole che dice. Ho lasciato il mio a casa. Spento. Quanti messaggi saranno arrivati da quando ho deciso di farlo tacere?
Arrivo alla rotonda sul mare. Non scendo. C’è troppa gente che gironzola tra il bar, la gelateria e il ristorante. Proseguo. Decido di fermarmi all’altezza della terza discesa.
Qui ci sta un vecchio stabilimento balneare abbandonato. Sono le sei del pomeriggio. Si vedono solo macchine di passaggio. Uomini soli in cerca di compagnia. Lo so. Ci sono stato anche io quando ancora non sapevo chi fossi realmente. Salgo lungo una scalinata di cemento. Un uomo si avvicina con una Panda rossa e mi fa un cenno con la mano. Continuo a camminare. L’uomo insiste, suona il clacson e io faccio finta di niente allontanandomi con gli occhi bassi. 
Il vento brucia la pelle. A fatica socchiudo le ciglia per proteggermi dalle sferzate di sabbia. Nella mia mente tornano a galla le estati passate con la mia famiglia in una cabina di legno due metri per due. Il mio costume di allora. Giallo. Di spugna.
Arrivo sulla spiaggia: non c’è nessuno. Le onde ruggiscono impetuose e guardandole mi fermo sulla battigia incantato da quel rumoreggiare profondo. Cerco un riparo tra le dune. Apro lo zaino e tiro fuori l’asciugamano. Lo distendo sulla sabbia umida e mi siedo. Tiro su con il naso e inizio a canticchiare una canzone che ho sempre amato: Sabbia bagnata, una lettera che il vento sta portando via, punti invisibili rincorsi dai cani, stanche parabole di vecchi gabbiani…e io che rimango qui solo a cercare un caffè. Non è inverno. Non ci sono gabbiani e cani randagi, eppure, non so perché, ho personalizzato la strofa della canzone.
Cerco la medicina in fondo allo zaino. Metto in bocca tre pastiglie e le butto giù con un sorso di gin. Il sapore mi anestetizza la bocca. Sputo e tossisco fiato acido. Senza sapere perché…rido. Rido da solo. Non ho portato libri, musica, cibo. Solo medicine e due bottiglie di gin. Bevo e rido pensando a tutte le persone che amo. Provo a immaginare dove possono essere in questo preciso momento. Cosa fanno. Cosa pensano. Cosa dicono. Ripeto i loro nomi nel silenzio della testa e confondo i volti. Negli ultimi mesi ho vissuto sotto pressione - un palloncino gonfiato oltre il limite sempre pronto a scoppiare – e la mia mente ha perso consistenza. Le cose mi volano via. Ricordi, pensieri, nomi.
Il dottore scrive le ricette e prescrive le cure. Io eseguo e rispondo a comando alle domande.
Tutto bene? Sei sereno? Il lavoro? L’amore? Vedrai che si aggiusta tutto.
Io mica ci riesco più a pensare che si aggiusta tutto. Neanche riesco a passare più lungo quelle strade dove passavo fino a poco tempo fa. Mi fa troppo male. Un male fortissimo che mi chiude la gola.
E allora evito. Vivacchio in attesa di un miracolo. Ma i miracoli non sono roba per me. Io questo l’ho sempre saputo.
Vedo un ragazzo passare con un cane sulla riva. Corrono e sembrano felici. Nascosto dalla duna passo inosservato. Vorrei fermarlo e parlarci un po’. Quando mi decido e mi alzo è troppo tardi. Sono lontani. Slaccio le scarpe, sfilo le calze e rimango a piedi nudi. Bello. Bello sentire la sabbia tra le dita. Muovo le gambe e traccio dei solchi sulla sabbia. Poi ci gioco e costruisco una piccola collina con le mani. Raccolgo un ramo secco e lo infilo in cima. Ammiro la mia torretta e annuso l’aria.
Il vento mi ruba il respiro. Bevo un altro sorso di gin per scaldarmi. E poi penso che un’altra pastiglia non può che aiutarmi a stare meglio. La ingoio e accompagno la decisione con un po’ di gin.
Sono a metà della prima bottiglia. Mi alzo e cammino a piedi nudi sulla sabbia.
Il cielo preme come una pressa di dolore. In lontananza si staglia la sagoma di una petroliera.
Un gabbiano plana vicino alla duna e con il becco cerca di aprire lo zaino.
Torno indietro correndo e lo allontano urlando come un indemoniato.
L’uccello apre le ali e lanciando un grido stridulo riprende il volo.
Mare, mare…qui non viene mai nessuno a trascinarci via.
Canticchio la canzone di Loredana e cammino verso la riva.
Voglio bagnarmi i piedi. Sentire il freddo delle onde.
Il pomeriggio muore e la luce del sole si spegne in una flebile agonia. Mi giro verso le dune e vedo tante sagome scure venirmi incontro. Con i piedi ancora ammollo mi spavento e cerco di scappare verso il mare. I pantaloni si bagnano e il freddo sale lungo le vene. Veloce e spietato.
Il mare comincia a ribollire. Guardo sotto la schiuma e scorgo dei volti di sirena. Girano intorno alle mie gambe e agitano le code in una danza ipnotica. Indietreggio verso la spiaggia. Esco dall’acqua e mi immobilizzo sulla riva.
Le ombre mi passano accanto e non si fermano. Svaniscono nella luce morente del giorno lasciando dietro di sé una scia di cose non dette.
Disperato cerco di toccarne qualcuna. Fermatevi, grido. Ma nessuno mi ascolta. La processione svanisce nel buio. Deluso torno verso la duna. La torre di sabbia è crollata. Prendo la bottiglia di gin e bevo. Bevo fino a sentire gli occhi stanchi e le palpebre arrendevoli. Rannicchiato mi addormento e sogno i volti dei miei bambini.
Mi chiamavano Umbè. Io dicevo sempre così: ci vuole umbè di pazienza, ci vuole umbè di coraggio, ci vuole umbè di voglia di fare le cose. E loro mi sfottevano per il mio sciocco ritornello. Umbè di questo e umbè di quello. Sono stati gli anni più belli della mia vita. Aiutare gli altri. Sentirmi utile per qualcuno. I miei bambini incasinati e problematici sapevano sempre tirarmi via un sorriso. Quante storie ho visto e sentito? Quante miserie e violenze? Io pensavo di essere sbagliato e scoprivo che c’era chi lo era più di me.
Vorrei umbè di tutto questo e invece non ho niente.
Solo il gin, le medicine e il canto delle sirene.
La notte è scesa sul mondo come un sipario nero.
Le stelle sono piccole e lontanissime. Fari di uno spettacolo giunto alla fine delle repliche.
Il pubblico è andato via. La polvere torna a posarsi sulle assi del palcoscenico.
Finisco la mia seconda bottiglia di gin e mi spoglio. Resto nudo nel vento freddo della notte.
Sento la pelle rabbrividire e le lacrime volare lontano. Tiro un profondo respiro e corro verso il mare. Cado due volte sulla sabbia. Sputo, mi rialzo e riprendo a correre. Il mare arriva prima di vederlo. Le onde mi sommergono. La testa va giù. Schiuma, sabbia, detriti. Apro gli occhi e le vedo.
Mi aspettano. Allungo le mani e mi lascio trascinare. La testa scivola altrove. La voce delle sirene. Ammalia e travolge. Alzo gli occhi per guardare le stelle sotto la furia delle onde.
Ci sono tutte e sorridono.
Sorridono per me.

CARLO DEFFENU

***

Ho scritto questo racconto qualche mese fa per un progetto che alla fine non è andato in porto.
E' sempre difficile togliersi una spina dalla pianta del piede e continuare a camminare come se niente fosse realmente accaduto. Quel lieve e persistente dolore non era più sopportabile. E allora decidi di intervenire. Prendi una pinzetta, ti siedi, alzi il piede e scavi nella carne viva. Scavi, soffri, maledici la sfiga e non smetti di cercare finché la piccola scheggia non rimane sul palmo della tua mano.
Ora puoi camminare, eppure, il dolore, non è scomparso.