lunedì 31 ottobre 2011

CARO DIARIO


Dal diario di un cane:
8:00 - Cibo ! La mia cosa preferita !
9:30 - Un giro in macchina ! La mia cosa preferita !
9:40 - A spasso nel parco ! La mia cosa preferita !
...
... ... 10:30 - Coccole ! La mia cosa preferita !
12:00 - Pranzo ! La mia cosa preferita !
13:00 - Giochi in giardino! La mia cosa preferita !
15:00 - Scondizolo ! La mia cosa preferita !
17:00 - Merenda ! La mia cosa preferita !
19:00 - Si gioca a palla ! La mia cosa preferita !
20:00 - Wow! Guardo la tv con i mamma e papà ! La mia cosa preferita !
23:00 - A nanna nella cuccia ! La mia cosa preferita !

Dal diario di un gatto :
Giorno di prigionia numero 983.
I miei guardiani continuano a prendermi per il c*lo con dei piccoli oggetti ciondolanti.
L'unica cosa che mi aiuta ad andare avanti è il mio sogno di scappare. Nel tentativo di disgustarli, vomito ancora sul tappeto.
Oggi ho decapitato un topo e ho gettato il corpo senza testa ai loro piedi. Speravo che ciò li terrorizzasse, perchè è la prova di cosa son capace di fare. Comunque, hanno fatto un piccolo commento su che "bravo piccolo cacciatore" io sia. Bastardi.
Oggi son quasi riuscito ad assassinare uno dei miei tormentatori passandogli in mezzo ai piedi mentre camminava. Devo riprovarci domani, però in cima alle scale.
Sono convinto che gli altri prigionieri siano lecchini e spie. Il cane ha sempre dei privilegi speciali. Viene regolarmente rilasciato, e sembra pure che voglia tornare. Ovviamente è un ritardato.
L'uccellino dev'essere un informatore. Lo osservo mentre comunica con le guardie regolarmente. Son sicuro che riferisce ogni mia singola mossa. I miei guardiani l'hanno messo in custodia protettiva in una cella in alto, così è al sicuro, per ora... Vi terrò aggiornati.
 
 
Vorrei essere io l'autore di questo testo ironico e tagliente.
Invece mi sono solo limitato a rubarlo dalla pagina FB di mia sorella Grace.
Sono un gattaro convinto...ribelle e rompiballe...e la visione della realtà proposta dai due sguardi (cagnesco e gattesco) mi ha fatto ridere alla grande.
Ma quanto è vero...quanto...
 
ALIAS

L'IMPORTANTE E' FINIRE


Ieri è finita l'estate.
E' finita la mia stagione.
E per "stagione" non intendo la stagione estiva che va da giugno a settembre, no, troppo semplice: intendo la stagione lavorativa in ristorante che parte con i primi giorni di aprile e termina languidamente verso la fine di ottobre.
Ieri ho svolto il mio ultimo servizio all'ora di pranzo e alle 16 ero già libero.
Libero con in una mano la busta con le divise, le scarpe, le cinghie, i ricordi, i pensieri, i progetti, i silenzi e i saluti e nell'altra la busta con i contenitori alimentari con dentro gli antipasti avanzati che ci siamo divisi tra il personale.
C'è chi ha preso anche il pane, le verdure, le cozze, il pesce, il formaggio, il lardo e tanto altro...io mi sono limitato a due vaschette di antipasto di mare.

N.B.- una cena improvvisata con 4 amici ha risolto il problema dell'eccedenza di cibo!

Quindi sono libero.
E già!
Libero con il cuore confuso e in subbuglio.
Alla fine di un periodo così complesso, faticoso e articolato, mi ritrovo sempre un po' orfano: qualcosa la lasci sempre tra quei tavoli maledetti.

Non so cosa farò...come e quando...la vita si agita alla fine di un tunnel lungo e tenebroso...e io devo solo trovare il coraggio di percorrerlo tutto per tornare a rivedere la luce.

E' stata una stagione diversa.
In fondo le stagioni sono tutte uguali solo in apparenza.
Ma questa volta - questa volta - mi sono lasciato andare...mi sono liberato di certi freni e di certe paure...e ho lasciato fluire la mia follia senza più paura di giudizi e condanne.
Con l'età si impara a camminare con più leggerezza.
E a volte si vola.

ALIAS

domenica 30 ottobre 2011

SONO ANDATI TUTTI VIA















"Sono sempre stato attratto dall’abbandono, dalla decadenza, dalla bellezza che alcuni luoghi abbandonati custodiscono. Dalle testimonianze del passaggio dell’uomo e da come questi posti, una volta abbandonati, sembrano evolvere. Come se una volta lasciati soli vivano di vita propria.Per questo ho iniziato, da un paio d’anni, a frequentare questi posti, ritraendoli cercando di fare emergere la loro bellezza e le sensazioni che sono capaci di darmi. Ospedali psichiatrici, sanatori, alberghi, fabbriche e altro.
Alcuni di questi scatti fanno parte di una mostra che ho realizzato dal titolo “Sono andati via tutti”, che è diventato il titolo del mio progetto, ancora in corso."

Giuseppe Rinella, fotografo milanese di 31 anni.
Fotografo per passione e non per professione.
Guardando le sue foto non ho potuto non pensare a tutti i luoghi abbandonati che mi è capitato di visitare quando mi lanciavo in perlustrazioni pericolose con gli amichetti dell'infanzia.
Muri scrostati, stanze dimenticate, sedie sfondate, icone religiose, quaderni gonfi di umidità, scarpe spaiate, piatti e bicchieri rotti, finestre cieche...tutto un mondo segreto che si svelava solo davanti ai nostri occhi avidi di misteri e mappe del tesoro.
Una botola di un pozzo poteva trasformarsi nella tana di un mostro, una passerella di cemento diventare una porta dimensionale aperta su un nuovo mondo.
Sono ricordi...e profumi...e io li sento tutti...ancora oggi.

ALIAS

giovedì 27 ottobre 2011

IO SCRIVO PERCHE'...


Io scrivo perché non so giocare a calcio.
Io scrivo perché non amo il bricolage.
Io scrivo perché sono una frana con tutti i lavori che richiedono un minimo di manualità.
Io scrivo perché non mi sono mai incantato davanti alla Playstation.
Io scrivo perché mi annoio con i cruciverba e i puzzle.
Io scrivo perché non faccio sport.
Io scrivo perché non fumo.
Io scrivo perché non ho il pollice verde.
Io scrivo per sentirmi felice.
Io scrivo perché non ho un cane da portare in giro.
Io scrivo perché odio guidare.
Io scrivo perché sono una schiappa a biliardino.
Io scrivo perché sono pigro.
Io scrivo perché sono nato storto.
Io scrivo perché non ho la faccia di Brad Pitt.
Io scrivo perché non so come occupare il mio tempo libero.
Io scrivo perché è più forte di me.
Io scrivo perché amo la carta e mi perdo tra gli scaffali delle librerie.
Io scrivo perché le voci mi parlano dentro la testa.
Io scrivo perché sono strano.
Io scrivo perché sono un orso solitario.
Io scrivo perché adoro leggere.
Io scrivo perché credo nei passaggi segreti.
Io scrivo perché cerco un senso.
Io scrivo per fare i conti con il passato.
Io scrivo per inventarmi il futuro.
Io scrivo per ingannare il presente.
Io scrivo perché non mi drogo.
Io scrivo perché mi piace il vino.
Io scrivo per fare una cosa che mia madre non capisce.
Io scrivo perché non sono mai stato il figlio che mio padre sognava.
Io scrivo per farmi compagnia.
Io scrivo perchè non posso farne a meno.
Io scrivo perché mi sento bambino.
Io scrivo perché credo ai fantasmi.
Io scrivo perché non so fare altro.
IO SCRIVO PERCHE' SOGNO.

P.S.- e il mio sogno è vedere il mio libro sullo scaffale di una libreria.


ALIAS

martedì 25 ottobre 2011

CI VUOLE PAZIENZA



Il valore di un cammino, l'importanza di un traguardo raggiunto, la felicità per una meta conquistata, possono variare parecchio da persona a persona.
Dipende molto da cosa proiettiamo su quel traguardo, su quella meta, su quel cammino intrapreso in un giorno che si ricorda a fatica.
Ho scritto un romanzo.
Bene.
Ho partecipato a un torneo letterario.
Benissimo.
Siamo partiti in 1200 e siamo arrivati in 30.
Benissimo all'ennesima potenza.
E ora (ieri notte per l'esattezza) scopro che non ho vinto la pubblicazione cartacea (sarebbe stato chiedere troppo) bensì la pubblicazione del romanzo in formato e-book.
Ho dormito malissimo e mi sono svegliato alle 6 del mattino con un umore ballerino.
Ora, dopo aver pensato bene a quello che mi è capitato e aver parlato con qualche amico sincero, ho spedito l'email per la conferma del contratto.
E' un traguardo anche questo.
Il primo passo importante per me.
E allora me lo godo tutto questo momento speciale, anche con un vago e persistente retrogusto dolce/amaro che mi secca la lingua.
Me lo godo tutto e non penso al libro che avrei voluto stringere tra le mani.
Ci sarà "solo" un file da comprare su internet e scaricare sul proprio pc.

Rimane solo un piccolo, insignificante problema: mi dite come spiego a mia madre e alle mie zie che cos'è un ebook?

ALIAS

sabato 22 ottobre 2011

RIVOLUZIONE


Le rivoluzioni non sono mai pulite.
Non passano mai per giustizia, carità e perdono.
Puzzano di sangue, miseria, merda e paura.
Le rivoluzioni hanno una pessima risoluzione.
La verità è uno tsunami di pixel che confondono il giudizio e il pensiero.
Le rivoluzioni non conoscono i sorrisi e i fiori.
Ignorano le lacrime e le mani tese.

Io non sono felice della fine di Gheddafi.
Io non sono rasserenato dall'immagine del suo visto spaventato, ricoperto di sangue, con i capelli scarmigliati.
No, non lo sono per niente.
E ancora meno lo sono dalle terribili immagini del suo corpo inerme, del suo viso spento, del foro aperto sulla tempia da un colpo di pistola, dalla gioia dei ribelli che irridono il cadavere e scattano foto ricordo con i telefonini.
Mi provocano ribrezzo le scene dei ribelli-turisti che entrano nella cella frigorifera dove è stato sistemato il cadavere per scattare foto e girare filmini delle ferite, del volto, del corpo martoriato.
Ci vedo una barbarie che non ha nulla di meno della barbarie che dovrebbe cancellare.

Un ditattore che ha ucciso, torturato, umiliato il suo popolo.
Un tiranno osannato dalle potenze mondiali per il petrolio e gli accordi commerciali.
Un assassino che è stato accolto come un grande uomo e un sublime pensatore.
Primi ministri che hanno baciato le mani a un uomo che ha comprato azioni della Fiat e di molto altro.
Circo, opportunismo e servilismo.
C'è stato di tutto. Lo so. Ne sono consapevole.
E alla fine, l'arrivo di una morte tragica e violenta, non dovrebbe stupire nessuno.
Fa parte delle regole del "gioco".
Eppure...

Non so che sarà della Libia...ma l'inizio è pessimo...vomitevole...
Un grande fratello che riduce tutto a sporca macelleria.

Pessima risoluzione...pessimo epilogo di una rivoluzione che cercava la sua primavera e ha solo trovato un terribile autunno.

ALIAS

mercoledì 19 ottobre 2011

UNA STRISCIA DI BAVA



LA MIA FOTO DI COPERTINA


Ieri ho iniziato a scrivere il mio nuovo romanzo.
L'idea mi girava da tempo in testa e dovevo solo trovare l'occasione, la tranquillità e il modo per iniziare a lavorarci sopra.
Ho scritto le prime due pagine tra un lavaggio di piatti e la preparazione di una cena per un amico che è venuto a trovarmi.
Un'oretta scarsa: ma conta aver rotto il ghiaccio!
Tutto il resto seguirà.
Mi sono messo in testa alcune regole base.
Una scrittura più asciutta, coincisa ed essenziale.
Uno stile più poetico e onirico.
Un'atmosfera più ironica e imprevedibile.
Come riuscirò a far combaciare tutte queste cose?
Non lo so.
Sul campo non sempre (per non dire "quasi mai") fila tutto liscio come puoi averlo pensato nella solitudine della tua mente.

Mi auguro buona fortuna e buon lavoro da solo.
Vorrei essere bravo come Simenon che in 10 giorni, o giù di lì, scriveva un intero romanzo.
Io spero di cavarmela con 5 mesi di lavoro.

Parlando di libri...ho trovato questa foto girovagando su internet e ho subito pensato che sarebbe stata perfetta per la copertina del mio romanzo.
Parlo del romanzo arrivato finalista al Torneo di "IoScrittore".
Non posso rivelare ancora il titolo dell'opera, però, con un po' di fantasia, si può capire quale sia il titolo più armonizzabile all'immagine scelta.
Oppure no?

Più la guardo e più mi piace.

Provate a indovinare il titolo leggendo l'elenco delle opere finaliste.
Chi sa...ovviamente...eviti di rispondere.
eheheheh...

1943
30 kg
A che ora muori?
American Killer. Storia di un'assassina americana
Ars construendi
Asia e i suoi fratelli
I bambini osservano muti le giostre dei grandi
Il canto della balena
Cate-io
Chiamatemi Gio
Dannati giovani dannati
Diversamente
Funghi
Hedge Fund
L'illusione
Interno 11
La legge del feudo
Linee ardenti tra l'Abruzzo e la luna
Nebbia sull'Arno
Nebbie
La nostra Africa: cronache di viaggio di un medico Euroafricano
La notte dei Trasteverins
Le ombre azzurre
Un posto molto lontano da qui
Una quotidiana guerra (o Atterraggio in Pazzistan)
Lo sguardo di Giacometta
Speculum
L'ultima spiaggia delle anime
Vado a la Merica
Vico Pensiero

ALIAS

martedì 18 ottobre 2011

A ME GLI OCCHI!


Domenica scorsa, mentre servivo in ristorante durante l'ora di pranzo, mi è capitata una cosa che mi ha un po' sorpreso, un po' imbarazzato e un po' scombussolato.
Quando lavori a contatto con le persone possono capitare tanti piccoli equivoci, incidenti, incomprensioni: la comunicazione verbale non è sempre perfetta e si scivola facilmente nell'incomprensione.
Ma quando sono gli occhi a tradirti...be', allora le cose si complicano.

Durante il servizio (era una bellissima giornata e c'era un bel movimento di turisti e di locali che volevano passare la domenica mattina mangiando sereni in ristorante) è entrata una coppia che aveva prenotato un tavolo: un uomo di mezza età tracagnotto e pelato e una donna sui 35 anni con i capelli neri, lisci, di media lunghezza e un viso vagamente orientale.
Sono vestiti in modo informale: jeans, camicia e maglioncino.
La signora, quando porto i menù, mi chiede cosa c'è di buono oggi: rispondo che tutto quello che troverà nel menù è buono; dipende dai gusti.
Mi sorride e inizia a leggere.
(Precisazione: nel nostro ristorante non c'è un piatto del giorno, il menù, molto ricco e articolato, è sempre quello. Al massimo cambia quando si decidono i piatti per la nuova stagione, prima di stampare i menù dal tipografo: dopo questo summit culinario tra chef e proprietari, non si cambia più per tutto l'anno. Sono scelte aziendali!).
Guardando la signora noto che c'è qualcosa nel modo di fare e nel look che mi ricorda certe ragazze lesbiche che mi è capitato di conoscere in passato.
Ordinano un piatto di spaghetti alle vongole e un fritto misto per due.
Porto da bere (vino e acqua) e continuo a servire gli altri tavoli, preso dalla frenesia del lavoro.
Quando arriva il momento di portare gli spaghetti alla coppia rispondo allo squillo del campanello io (in ristorante non abbiamo i ranghi) e prendo i piatti uno per mano, uscendo dalla porta basculante e dirigendomi sicuro verso il tavolo della coppia curiosa.
"Ecco i suoi spaghetti, signora", dico sorridente, e lei ribatte all'istante: "Signore prego!"
Poso il piatto sul tavolo senza reagire e servo anche l'altro commensale che trattiene a stento una risatina divertita.
Vado via senza aggiungere una parola.
"Ma porc...zozza...cazz...ma perché non mi tappo quel cesso di bocca che mi ritrovo? Non potevo posare il piatto ed evitare di condire il tutto con una frase inutile?"
Continuo a lavorare e più guardo/spio/sbircio la signora/signore e più mi sembra strano che i miei occhi possano avermi tradito.
Continuo a vederla come una donna, mascolina, androgina forse, ma donna.
Il signore è chiaramente talassemico e a mia discolpa mi consolo dicendomi che il suo viso vagamente orientale, liscio, senza tratti evidenti e segni di peluria, poteva trarre in inganno chiunque.
Racconto l'episodio in cucina e il lavapiatti, che dalla porta può vedere il tavolo in questione, mi conforta dicendomi: "E' un uomo? Ma sei sicuro? Ero certo anche io che si trattasse di una donna...un po' bruttina, ma donna".

L'episodio mi ha colpito moltissimo.
Ho pensato a quanto il nostro aspetto, la nostra apparenza possano condizionare la percezione che il mondo ha di noi.
Avrei voluto scusarmi con il signore ma ho capito che non era il caso: potevo solo peggiorare la situazione.
Gli ho servito caffè e dessert senza dire niente.
Come se niente fosse.
Alla fine mi hanno lasciato anche 2 euro di mancia.
Forse hanno sorriso del piccolo equivoco.
Forse.

ALIAS

domenica 16 ottobre 2011

IO LO SAPEVO!


La storia è sempre quella.
Non c'è manifestazione in Italia che non finisca in caciara.
Sono tornato a casa dal lavoro alle quattro del pomeriggio e ho acceso subito la TV per avere notizie e informazioni sulla manifestazione degli indignados e mi è sembrato di vedere le stesse immagini del G8 di Genova.
Ancora fumo, lacrimogeni, camionette della Polizia, gente che scappa, macchine che bruciano, vetrine spaccate, cassonetti che volano, caschi, visi coperti, paura e incredulità.
E su tutto loro, i Black Bloc, leggendarie figure mitologiche che appaiono sempre puntuali per spaccare, distorcere e inquinare qualsiasi progetto e ideale.
Non si impara nulla dalle esperienze passate?
Sembra di no.
Mi chiedo chi sono questi mitici testedicazzo che spaccano tutto e non fanno distinzioni, mettendo a ferro e fuoco negozi di Poveri Cristi e macchine di gente normale che sta ancora pagando le rate con il suo lavoro.
Penso a cosa farei io se vedessi degli stronzi mascherati che mi prendono a sassate la macchina che pago ogni santo mese.
Credo che la mia rabbia e la mia impotenza potrebbero essere così grandi da portarmi a odiare...io che non odio nessuno e credo nella parola e nello scambio di pensieri ed emozioni...io potrei odiare e desiderare cose brutte di cui solitamente mi vergogno.
Io che parcheggio stando attento a lasciare spazio sufficiente per gli altri...io che penso sempre che c'è qualcun altro che mi vive accanto...io che chiedo scusa e cammino con passi lievi sulla terra.
Io.
So solo che questi mitici Black Bloc capitano sempre a fagiolo.
Perfetti per fare gridare a politici e forze dell'ordine: ecco...vedete? Sono solo una marea di violenti che non portano avanti nessun valore positivo.
E vorrei dire anche che i poliziotti non sono dei supereroi e che anche loro tirano a campare come tutti.
E allora?
Allora non so chi ci sia dietro a certe trame.
Non so se sono solo delinquenti idioti senza nessun rispetto per la vita...non lo so...mi pare solo strano che tanta puntualità non sorprenda più nessuno.
Tutti sanno...e nonostante questo...il sangue scorre e le idee muoiono sotto i colpi di un manganello o una spranga di ferro.

Sono più schifato di ieri.
Vorrei che non passasse tutto come se niente fosse accaduto.
Vorrei che ci fosse un sussulto di indignazione vera e che non dicessimo, rassegnati: IO LO SAPEVO!

Questa volta non c'è scappato il morto.
70 feriti...ma neanche un morto.
Il morto non ha un nome e una divisa.
Un morto è un morto.
Un'idea un'idea.
E un sogno...un sogno.

Il mio è un po' più spento di ieri.
E questo mi fa incazzare.
Il mondo gira...oggi tutti mangiavano in ristorante come se niente fosse e nessuno commentava i fatti di Roma...come se niente fosse accaduto tra quelle vie e quelle piazze.
Siamo addomesticati...e felici di esserlo.

ALIAS

sabato 15 ottobre 2011

LIBERO PASSAGGIO


  Oggi sfileranno a Roma gli indignati italiani. 
Si prevedono 100 mila persone.
L'onda è partita dalla Spagna, ha raggiunto l'America, New York e tanti altri Paesi Europei.
Chiedono tante cose e pretendono che l'uomo sia al centro del mondo.
Diritto al lavoro e una speranza concreta per un futuro degno di essere vissuto.
Il governo italiano ha conquistato la fiducia.
Si procede con il solito baraccone di false partenze, bugie e poltrone statiche.
Basta con la finanza selvaggia.
I capitali sono nelle mani di poche persone e il mondo deve raschiare il fondo del barile.
Sono indignato, ma sono ancora di più incazzato, schifato e nauseato dal tutte le parole inutili che sento vomitare dai politici e da tutte le smancerie dei cortigiani leccaculo, pronti a difendere senza vergogna le miserie e le porcate del padrone di turno, per non agitare la coda invano.
Austerità.
Mi piacerebbe un'austerità reale, morale, civile, spirituale, per azzerare tutto questo vuoto danzante che si muove intorno ai nostri giorni stanchi.

Io non ci sarò su quelle strade.
Non sventolerò nessuna bandiera, non griderò nessuno slogan e non stringerò la mano a nessun fratello.
Ma ci sarò con il cuore, la milza e il cervello su quell'asfalto rovente.

Lasciate libero il passaggio...

Il mondo freme.

ALIAS

venerdì 14 ottobre 2011

STAND-BY


L'ultimo mese è stato lungo e faticoso.
Non solo per il lavoro che mi impegnava molte ore al giorno (troppe) ma anche per la revisione del romanzo che ho dovuto affrontare per il Torneo Letterario.
Ho finito ieri notte con due giorni di anticipo sulla data di scadenza per la consegna del materiale.
Sono andato a letto alle 2 di notte e nonostante la stanchezza non sono riuscito a chiudere occhio: pensavo a mille cose e non c'era modo di spegnere il cervello.
Mi sono alzato per guardare un po' di TV e stancare gli occhi (ho trovato un documentario su Cesare Zavattini che parlava del suo lavoro e la sua vita in un'intervista del 1971) ho letto diversi capitoli del romanzo di Stephen King che dorme (beato lui!) sul comodino (per la cronaca The Dome) ho mangiato un panino preso da un attacco di fame, ho preso appunti sul nuovo romanzo che girella ribelle tra un pensiero e l'altro (ho trovato già i nomi dei tre personaggi principali e tracciato le linee guida della trama) mi sono lavato i denti, ho pulito l'acquario e alle 5 passate da una manciata di minuti, mi sono rimesso a letto. 
Finalmente ho preso sonno.

La catastrofe è arrivata questa mattina.
Ho spento la sveglia e mi sono girato dall'altra parte.
Morale della favola: mi sono svegliato alle 9:51, ho fatto un balzo sul letto (devo essere al lavoro entro le 10) e in fretta e furia mi sono lavato e sono uscito di casa più veloce di Superman.
Ho guidato come un matto per la città (tutti i semafori rossi si sono accesi solo per salutare il mio passaggio) e sono arrivato al lavoro alle 10:11.
Un record.

Ora sono lesso.
Mi bevo un caffè e cerco di non pensare troppo.

Ormai è fatta.
Mi tocca solo aspettare.

P.S.- ho cambiato tutti i trattini con le caporali. Sono bravo, eh?

C.D.

lunedì 10 ottobre 2011

CUCCIA


Ancora tre settimane e la stagione estiva finirà.
Il vento e i primi freddi iniziano a trasformare la città.
Si respirano più silenzi e si incontrano più ombre.
Penso a quando avrò tutto il tempo che voglio per annoiarmi.
Penso al mio nuovo romanzo.
Mi girano nella testa mille pensieri.
E in questo limbo emotivo continuo a restare incollato con le dita al vecchio romanzo che mi appare sempre più fragile e complesso.
Posso costruire altre torri, guglie, portici, ponti, tunnel, altari e non so quanto il cuore pulsante della storia ci guadagnerebbe.
I personaggi mormarono cose...e io mi devo sforzare per ascoltare voci misteriose.
Ho bevuto una bottiglia di carignano del Sulcis e ho parlato un po' di me e della mia vita collosa.
Mi piace la solitudine e mi fanno stare bene i silenzi.
Sono sempre più chiuso in me stesso e credo che questo dipenda molto dal mio lavoro che mi costringe a relazionarmi ogni giorno con decine di persone diverse.
L'estate è quasi morta.
E io penso ai miei ritorni a casa.
C'è sempre un ritorno.
Quello che manca è una partenza...
...e un meritato riposo.

C.D.

sabato 8 ottobre 2011

L'UOMO SENZA ALONE


Ieri mattina, mentre sistemavo la biancheria all'inizio del turno di lavoro, ho visto un uomo entrare in ristorante con una valigetta. Ho subito pensato a un rappresentante.
Si è avvicinato al Boss che trafficava dietro il bancone del bar e ha esordito subito con una frase generica per attaccare bottone.
Il Boss taglia sempre corto con tutti quelli che tentano di vendergli qualcosa e anche questa volta mette in moto la sua macchina della disuasione quando l'uomo gli annuncia che vuole proporgli dei prodotti rivoluzionari per le pulizie.
- Cosa gli costa vedere di cosa parlo? - insiste l'uomo con fare gentile e ammaliante.
Il Boss, contro ogni previsione, cede e acconsente alla dimostrazione pratica.
L'uomo tira fuori dalla valigetta uno spruzzatore-nebulizzatore e puntando verso la vetrina dei dolci inizia a parlare del prodotto che rivoluzionerà la vita del ristorante.
Spruzza il vetro e dopo aver passato uno straccio per pulire la superfice chiede al Boss di appoggiare la mano sul vetro.
Il Boss esegue e...MIRACOLO...non c'è nessuna impronta.
- Vede? Neanche un alone.
Il Boss rimane a bocca aperta. Non può credere ai suoi occhi.
Il prodotto magico è idro-repellente e crea una pellicola protettiva sul vetro che impedisce alle gocce e alle impronte, di macchiare dove è stato pulito.
Il Boss cede e ordina una cassa da 24.
Mentre l'uomo compila l'ordine chiede: - Avete per caso problemi con gli scarichi dei lavandini e dei bagni?
Il Boss tentenna e ammette che sì, capita che si intasino.
Ecco che l'uomo toglie fuori all'istante una magica polverina che messa una volta a settimana nei water e nei lavandini, stura e disinfetta le tubature.
Preso anche questo: un'altra scatola da 24.
Mentre l'uomo aggiorna l'ordine chiede: - Avete per caso problemi con piccoli insetti tipo formiche e blatte?
Il Boss farfuglia qualcosa e anche in questo caso ammette che può capitare che con le scatole della merce arrivi qualche ospite indesiderato.
Non c'è problema. L'uomo tira fuori un prodotto geniale che lava i pavimenti e impedisce agli insetti di entrare perchè contiene una sostanza altamente tossica per le loro antenne.
Preso anche questo prodotto: un'altra scatola da 24.
Mentre l'uomo aggiunge la nuova voce all'ordine chiede: - Avete per caso problemi con mosche e zanzare?
(E chi non ha problemi con mosche e zanzare...penso mentre continuo a lavorare).
Il Boss non può che confermare il problema che angoscia i clienti e l'uomo, tanto per cambiare, ha un prodotto che spruzzato nell'ambiente con degli erogatori appositi permette di tenere lontani quei fastidiosi insetti volanti.
Preso anche questo con 4 erogatori speciali.
Non posso credere alle mie orecchie.
Il Boss sembra completamente avvulso da questo meraviglioso mondo dell'alone scomparso.
Mi aspetto da un momento all'altro di sentire l'uomo che chiede: - Avete per caso problemi di carie, alitosi, calvizia precoce o vescica debole?
E invece no...non succede altro...il Boss firma l'ordine e felice saluta l'uomo senza alone che si allontana con passo svelto verso un altro ristorante.

Qualche ora dopo il Boss mi avvicina e inizia a spiegarmi le meraviglie che ha appena acquistato.
- Ora sarà tutto facile...- mi dice euforico. - Guarda...appoggia pure la mano sulla vetrina dei gelati.
Eseguo per farlo contento e quando mi dice: - Vedi? Neanche un alone. - Io fingo sbigottimento e apro la bocca in un O di meraviglia.

In attesa dei nuovi prodotti magici continuiamo a pulire con i soliti prodotti per comuni mortali: varechina compresa.

C.D.

mercoledì 5 ottobre 2011

L'ULTIMA CASA


Arriva una lettera del Comune dove si dichiara che - bla-bla - il padre di Stefano risulta residente - bla-bla - nell'isola di Tropea. E' un'isola così piccola che basta abitarci per risultare residente in quel luogo e nessuno in famiglia capisce come sia possibile che un errore simile sia capitato proprio a loro che a Tropea non ci hanno mai messo piede.
Stefano decide di recarsi al Comune con Giovanna, la sorella maggiore, per chiarire la situazione.
Si portano dietro lo stato di famiglia aggiornato, il vecchio documento di residenza del padre e il suo certificato di morte.
Prendono il numero all'entrata, fanno la fila allo sportello corrispondente e finalmente parlano con un anziano impiegato prossimo alla pensione.
Consegnano la documentazione per capire il mistero di Tropea e l'impiegato, dopo aver visionato i documenti e i dati sul monitor del computer, dichiara che il padre adesso non risulta più residente a Tropea ma in Viale Porto Torres a Sassari.
Giovanna sbotta infastidita: - Ma per caso ha voglia di scherzare o cosa?
L'impiegato non capisce a cosa si riferisca e ribadisce che l'indirizzo segnalato è proprio quello.
- Se ha letto la documentazione che abbiamo allegato avrà visto che nostro padre è residente in Viale Porto Torres dal 2001 per ovvi motivi - precisa Giovanna.
- Si, ho letto qui e là e si...ecco...ma...
- Ma cosa? Mio padre è residente in Viale Porto Torres perché è sepolto al cimitero. E' morto. Ha capito?
L'impiegato borbotta qualcosa imbarazzato e guardando meglio i documenti si accorge dell'errore madornale di interpretazione dei dati.
L'inidirizzo indicato è quello ultimo, finale, ovvero quello del camposanto.

Errore del sistema o errore umano?

A volte si è immortali senza neanche saperlo.

C.D.